Topolino e il Selvaggio Giovedì
Il Mistero di Venerdì
Reduce dalla parentesi bizzarra di Topolino e la Lampada di Aladino, il Gottfredson di inizio anni 40 prosegue nella sua direzione disimpegnata, confezionando con Merrill De Maris una seconda storia dai toni anche più leggeri, prima di riprendere con la grande avventura. Che la striscia stia attraversando un calo di ispirazione è però evidente da diversi elementi. Tanto per cominciare la struttura di questa nuova continuity, lunga tre mesi, ricalca in tutto e per tutto il vecchio cliché che vede Topolino prendersi cura dell’ennesimo disturbatore, intento a mettere a soqquadro la sua tranquilla quotidianità. Avevamo già visto questa situazione venir riciclata con l’elefantino Bobo o lo struzzo Oscar, ma la differenza è che qui l’elemento estraneo è… un essere umano.
Il selvaggio Giovedì del titolo altri non è che il fratello di quel Venerdì che Topolino aveva incontrato nell’arco dedicato a Robinson Crusoe, spedito a Topolinia dentro una cassa per imparare i rudimenti del vivere civile. Venerdì non appare direttamente, se non attraverso la sua sgrammaticata corrispondenza, ma il fatto che Gottfredson e De Maris non facciano alcuna menzione del fatto che Topolino l’abbia conosciuto su un set cinematografico, gabellando come se niente fosse l’idea che quell’avventura fosse da intendersi come reale, fa sorgere il dubbio di essere di fronte ad un grosso strafalcione di continuity. Se così fosse sarebbe la prova di come in questa fase il rigore e la precisione che da sempre hanno contraddistinto l’operato di Gottfredson stiano venendo meno, forse come effetto di una crisi di valori indotta dal momento turbolento che lo studio sta attraversando.
Cliché e Stereotipi
Al netto delle incongruenze e dei cliché, un altro dei problemi della storia è chiaramente il suo ruotare intorno ad uno stereotipo razziale ad oggi irricevibile e probabilmente goffo già all’epoca della sua realizzazione: Giovedì si comporta come un animaletto, distrugge tutto quello che tocca, mette Topolino in imbarazzo con l’intera società, portandolo sull’orlo della bancarotta e addirittura in prigione. Come in Robinson Crusoe è presente il solito sottotesto pre-bellico dell’America che dà ripetizioni di civiltà e common sense ai popoli meno illuminati, una visione della società che entrerà in crisi solo qualche anno dopo.
Nessuna delle gag in questione è chiaramente nuova, bene o male tutto è già stato utilizzato nelle precedenti storie dedicate agli animali problematici, ma la lettura rimane godibile grazie all’innato senso del ritmo e al tratto espressivo e dinamico di Gottfredson. Gli unici momenti in cui la storia sembra voler dire qualcosa di diverso sono le strisce satiriche in cui le autorità “minacciano” di sequestrare Giovedì senza però trovare mai il coraggio di farlo veramente, e quelle in cui Gottfredson porta avanti il “mistero” di Pippo trattato come un idolo dal giovane selvaggio, unico leitmotiv di una vicenda che vive di singoli momenti.
Selvaggi di Ieri, Oggi e Domani
Topolino in tutto questo appare vagamente passivo, e addirittura trascorre un’intera lunga sequenza a dormire, mentre Giovedì devasta la città: colpisce come non veda l’ora di liberarsi della peste, con decisione e senza troppi rimpianti, per tornare alla sua tranquillità, laddove in passato si faceva qualche scrupolo in più prima di separarsi dall’animaletto di turno. Tuttavia l’imborghesimento a cui tutto questo sembra preludere è ancora lontano, e prima che la metamorfosi si compia il personaggio troverà nuovamente il modo di farsi apprezzare.
Nelle storie che seguiranno lo ritroveremo fortunamente in tutta la sua intraprendente energia, graziato da un tratto che da questo momento in poi inizierà a inseguire quella linea sbarazzina che Fred Moore e Ward Kimball gli faranno sfoggiare sul grande schermo. Topolino e il Selvaggio Giovedì è una delle più deboli storie dell’epoca d’oro di Gottfredson e fa sorridere che condivida la stessa trama con la futura storia d’esordio di Eta Beta (1947), in cui ancora una volta uno strano selvaggio “minaccerà” la realtà borghese americana. Ma nel dopoguerra e con il beffardo Bill Walsh alla guida della striscia la prospettiva verrà capovolta e questa volta saremo noi a trovarci nella condizione di dover imparare dall’outsider.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
di Amedeo Badini Confalonieri - Il fumetto è sempre stato la sua grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico gli ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il suo primo campo, ma non disdegna sortite e passeggiate in territori vicini. Scrive di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per il Papersera.
Scheda tecnica
- Titolo originale: An Education For Thursday
- Anno: 1940
- Durata:
- Storia: Merrill De Maris, Floyd Gottfredson
Credits
Nome | Ruolo |
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Merrill De Maris | Storia |
Floyd Gottfredson | Storia |