Magic Highway, U.S.A.

Le Strade di Ward

Nel 1958 la serie tv antologica Disneyland propone al pubblico il sesto e ultimo episodio della rubrica Tomorrowland. Questo ciclo di documentari negli anni precedenti aveva riscosso un certo successo, riuscendo a trattare con parole semplici e chiare argomenti molto complessi come la conquista dello spazio, la storia dell’aviazione e la scoperta dell’energia atomica. Magic Highway, USA ripesca uno dei temi che erano stati valutati durante le prime riunioni creative, ovvero la storia dei mezzi di trasporto, e lo rimastica, trasformandolo in una dissertazione sulla storia delle strade americane. Walt Disney dopo aver esplorato a 360° il mondo dell’intrattenimento e della scienza inizia a volgere lo sguardo in direzione dell’argomento che più lo infiammerà nei suoi ultimi anni di vita: l’urbanistica del domani.

A dirigere questo documentario di cinquanta minuti ritroviamo il grande Ward Kimball, reduce dalla sua gloriosa trilogia spaziale e pronto a mettere il suo particolare approccio semiserio al servizio di una nuova disciplina. Kimball non appare in prima persona, lasciando a Walt l’onore di far da presentatore delle diverse sequenze. Dopo un primo montaggio di immagini di automobili che sfrecciano sulle assolate autostrade americane, viene introdotta la prima scena animata. Si tratta di un segmento di una manciata di minuti che racconta l’evoluzione delle strade americane dalla scoperta dell’America a oggi. Molto è il materiale che viene trattato in questo excursus: il ruolo dei corsi d’acqua come primissimi connettori, il lavoro dei grandi pionieri come Daniel Boone che aiutarono a costruire sentieri, l’arrivo delle ferrovie e la progressiva decadenza delle strade di periferia.

Tra il Serio e il Faceto

In questa fase Ward Kimball sta perfezionando il proprio stile, spingendo progressivamente il pedale sulla stilizzazione e sulla comicità surreale. L’intero segmento animato d’apertura sfoggia uno stile estremamente bizzarro: i disegni si presentano come delle stampe d’epoca semi-animate e posizionate su sfondi elementari e disarmonici. E’ tutto volutamente straniante e modernista, ma a suo modo divertente, tant’è vero che questo particolare uso delle immagini troverà impiego anche in alcuni suoi lavori futuri, come It’s Tough to Be a Bird (1969) e Dad, Can I Borrow the Car? (1970). Un discorso simile si può fare per la componente live action, dato che il segmento successivo, sempre introdotto da Walt, consiste in una sequenza più lunga di circa dodici minuti, che documenta attraverso alcune riprese di repertorio il passaggio dalle carrozze alle moderne automobili. Anche qui lo stile Kimball si sente, vista l’attenzione riservata all’umorismo e al tentativo di creare le associazioni di immagini il più stranianti possibile.

L’ anima più faceta del programma viene “domata” dal successivo quarto d’ora, in cui si ritorna a far divulgazione vera e propria. Per l’occasione viene chiamato come ospite un esperto di urbanistica che spiega al pubblico il concetto di autostrada e illustra attraverso disegni e schemi la creazione della gigantesca rete che abbraccia l’intero paese. Non si può dire che per lo spettatore odierno questa sia la porzione più interessante: il dietro le quinte della creazione di una “highway” viene narrato mostrando immagini che documentano l’intero processo, dalla progettazione a tavolino alla demolizione delle strutture preesistenti, dall’allestimento del cantiere all’inaugurazione effettiva della nuova strada.

Prima di Clouseau

Degno di nota è il segmento animato successivo, introdotto ancora una volta da Walt come una raccolta di frivoli suggerimenti urbanistici per migliorare la qualità della vita dell’automobilista del domani. Si tratta ancora una volta di pochi minuti di materiale, in cui vediamo un gruppo di omini guidare automobili dalle fogge più strane, complete di gadget avveniristici e surreali. Le vignette includono gag visive di ogni tipo, come veicoli gonfiabili, auto tascabili, marchingegni per prendere in prestito l’asfalto e superare ostacoli e così via. Lo stile è geometrico, gli sfondi sono volutamente spogli e monocromatici, i tempi comici fulminanti, tanto che sembra di essere davanti a un corto animato di Bruno Bozzetto.

Il designer della sequenza è il concept artist John Dunn che abbiamo già trovato al lavoro con Ward Kimball nella serie, e a cui dobbiamo molto della vena di follia che pervade il progetto. Sebbene di tratti di animazione limitata, la qualità è indubbia: la sintesi grafica è perfetta, e l’umorismo conserva, oltre allo slapstick, un retrogusto satirico. L’incredibile somiglianza di questi omini con quelli che in futuro interagiranno con la Pantera Rosa, inoltre non è un caso: Magic Highway, USA è infatti l’ultimo grande lavoro di Dunn alla Disney, dopodiché la sua carriera si sposterà proprio agli studi De Patie-Freleng che qualche anno dopo daranno vita al famoso personaggio.

Le Profezie di Disney

Magic Highway si chiude in modo visionario. L’ultima sua sequenza è ancora una volta animata, e mostra quelli che sono invece i suggerimenti “realistici” per il futuro dell’urbanistica stradale. Lo stile scelto questa volta è più verosimile, con sfondi statici o animati solo in parte, che riescono però a creare un fortissimo livello di suggestione nello spettatore. La tecnica era stata già usata in precedenza, e qui funziona alla perfezione: quello che Walt propone è un vero e proprio viaggio in un futuro ipotetico, fatto di strade elettromagnetiche, di monorotaie subacquee, di segnaletica intuitiva e di percorsi che connettono luoghi e persone in modo pazzo e imprevedibile. E questa volta non c’è traccia di umorismo: questi ultimi dieci minuti di spettacolo sono pervasi da una romantica euforia in cui possiamo cogliere i segnali dell’ultima grande mania di Walt, l’indimenticato Epcot.

Insieme a Man in Flight, questo Magic Highway, USA è l’unico documentario assente dalla raccolta dei Disney Treasures che Leonard Maltin dedicò a Tomorrowland, forse per la sua estraneità al tema spaziale o per il più basso tasso di divulgazione. E sebbene nella sua prima metà possa in effetti risultare sottotono, la seconda parte dello show raggiunge vette eccellenti, che meriterebbero di essere ricordate. L’episodio non rappresentò comunque l’ultima parola di Kimball in campo divulgativo, come dimostra il mediometraggio cinematografico Eyes in Outer Space (1959) uscito l’anno successivo e incentrato sulla meteorologia e i satelliti artificiali, sorta di epilogo ideale del progetto Tomorrowland.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Magic Highway, U.S.A.
  • Anno: 1958
  • Durata:
  • Regia: Ward Kimball
Nome Ruolo
Ward Kimball Regista