Uomini nello Spazio
Keep Moving Forward!
Nella tradizione disneyana possiamo ritrovare diverse volte il termine “Tomorrowland”, spesso riferito a prodotti molto differenti tra loro. Il loro minimo comun denominatore è però il desiderio di Walt Disney di non limitarsi a rimirare il passato con nostalgia, ma guardare avanti, lasciandoci affascinare dal futuro e dalle sue mille possibilità. Tomorrowland era inizialmente il nome di una delle quattro aree in cui è suddiviso Disneyland, il parco tematico che aprì i battenti nel 1955. Per promuoverne l'imminente apertura, Walt diede il nome “Disneyland” anche alla sua prima serie televisiva, un programma antologico che avrebbe dovuto portare settimanalmente in tv materiale vecchio e nuovo.
Gli episodi che componevano lo show erano a loro volta raggruppati in quattro diversi filoni, che replicavano proprio il nome delle aree del parco. Fantasyland proponeva animazione di repertorio, montata insieme tramite nuove sequenze di raccordo, mentre Adventureland applicava la stessa struttura ai documentari dal vero. Per le altre due rubriche invece furono realizzati materiali nuovi: Frontierland era dedicato infatti alle nuove miniserie western in live action come Davy Crockett, e infine per Tomorrowland vennero prodotti sei splendidi documentari a scrittura mista.
Tomorrowland e Ward Kimball
Il ciclo in questione è particolarmente interessante, dato che non venne destinato unicamente alla tv, ma conobbe anche una distribuzione cinematografica, confermandosi ben presto come una delle serie più prestigiose del catalogo disneyano. Per dirigere la maggior parte di questi episodi venne chiamato proprio Ward Kimball, uno dei nine old men che in quegli anni si era occupato di evolvere l'arte dell'animazione disneyana. Kimball aveva uno spiccato senso dell'umorismo e con le sequenze animate da lui dirette poteva alleggerire moltissimo la componente didattica di queste opere. Inoltre, il suo essere completamente privo di competenze scientifiche fu visto di buon occhio da Walt: chi meglio di lui avrebbe potuto accompagnare il pubblico alla scoperta di argomenti tanto complessi?
Per la colonna sonora venne chiamato un altro pilastro dello studio, ovvero George Bruns, che in quegli anni si stava occupando della musica di svariate produzioni disneyane. Il primo documentario del ciclo fu Man in Space e andò in onda il 9 marzo del 1955, come ventesimo episodio della prima stagione di Disneyland. L'idea era quella di portare gli spettatori a scoprire le meraviglie del programma spaziale americano, introducendoli per gradi all'argomento e cominciando proprio da quello che all'epoca era il più raggiungibile dei sogni: mandare il primo uomo nello spazio.
La Storia del Razzo
Man in Space viene generalmente classificato come un mediometraggio di cinquanta minuti, piuttosto corposo e strutturato in quattro sequenze distinte. In apertura troviamo lo stesso Walt Disney, che in quegli anni ricopriva spesso il ruolo di cerimoniere nei suoi show televisivi. Ben presto però la parola passa a Kimball, che introduce il concetto chiave dello show, ovvero il sistema che permetterà all'uomo di raggiungere lo spazio: il razzo.
È in quest'occasione che troviamo le prime animazioni di stampo kimballiano, che ci raccontano la storia di questo sistema di propulsione sin dalle origini: i primi fuochi d'artificio, le fantasticherie di Jules Verne, i fallimentari tentativi di costruire un razzo a vapore e infine i modelli attuali, mostrate in sequenza tramite un veloce montaggio. Chiaramente qui l'animazione viene usata solo nelle prime scene, in mancanza di vere immagini di repertorio che possano illustrare i concetti espressi, per poi passare gradualmente al live action. È notevole invece l'inserimento del famoso filmino di Meliés Le Voyage dans la Lune (1902), che qui viene preso in esame come esempio di trovata fantasiosa ma a suo modo lungimirante.
Scienziati in Cattedra
La seconda parte è di carattere assai più tecnico. Per l'occasione viene chiamato lo storico della scienza tedesco Willy Ley, che illustra ad un gruppo di artisti Disney il funzionamento dei razzi che dovrebbero riuscire nell'impresa di portarci nello spazio. L'animazione questa volta è limitata a semplici schemi, visivamente spartani ma utili per trattare l'argomento nel modo più chiaro possibile. Il luminare, con il suo accento tedesco, spiega che per arrivare nello spazio bisogna riuscire a svincolarsi dalla gravità terrestre, e per far questo è necessario che il razzo sia composto da diverse parti staccabili una dopo l'altra, fino a lasciare in orbita solo la “punta” del veicolo.
In questo caso si parla di razzi a due e a tre fasi, ma successivamente nel programma verrà presentato anche un modello a quattro fasi. Si tratta sicuramente della sequenza più ostica di Man in Space, che ricorda per certi versi l'approccio usato più di un decennio prima all'interno del lungometraggio Victory Through Air Power (1943). Il coinvolgimento di reali esperti all'interno di questi programmi divulgativi rimarrà uno dei punti chiave del progetto di Walt.
Una Cavia Animata
Per la terza parte viene invece coinvolto Heinz Haber, un importante fisico e divulgatore tedesco, il cui compito è introdurre al pubblico il concetto di “space medicine”. Si tratta senza dubbio della sequenza più interessante per gli appassionati di animazione Disney, dato che il segmento è interamente animato e pregno di umorismo kimballiano. Possiamo qui vedere l'influenza diretta di John Dunn, il concept artist delle stilizzazioni estreme, che in quegli anni lavorava nel team di Kimball, impostando lo stile e buona parte delle gag di questi documentari. In questa occasione è di scena un simpaticissimo omino, che verrà sottoposto ai diversi disagi a cui il primo uomo nello spazio rischierà di andare incontro. Come sempre Kimball si rivela irriverente e incisivo, e le teorie di Haber trovano così una degna rappresentazione.
Si comincia dalle tremende deformazioni che il corpo umano può subire a causa dell'accelerazione dovuta alla partenza, per la quale si consiglia una posizione supina, e si prosegue poi con il disorientamento dovuto alla mancanza di peso. Azioni semplici come respirare, mangiare, dormire e anche solo svagarsi possono diventare fonte di problemi e inconvenienti, che solo tramite questa disciplina è possibile imparare a gestire. La necessità di fissare gli oggetti per impedire che fluttuino, la complessità nel maneggiare i liquidi, il rischio di incorrere in meteoriti o raggi cosmici, la tuta spaziale: ogni argomento viene sviscerato tramite gag argute e un utilizzo virtuoso dell'animazione limitata, tale da rendere il segmento una gemma.
Predire il Futuro
Nella quarta e ultima sequenza troviamo un altro importante ospite, l'ingegnere Wernher von Braun, tra i grandi padri della missilistica, che presenta al pubblico un avanzato modello di razzo a quattro fasi, l'XR-1, che si immagina potrà portare finalmente l'uomo all'obiettivo. Per l'occasione viene nuovamente utilizzata l'animazione disneyana, creando così una rappresentazione drammatizzata di come si ipotizzava sarebbero andate le cose nel corso della prima missione spaziale. Stilisticamente siamo di fronte a qualcosa di inedito: l'animazione ridotta viene infatti applicata ad immagini non stilizzate ma realistiche. La regia chiaramente preferisce inquadrare veicoli e architetture, lasciando l'essere umano in secondo piano e limitandone il più possibile i movimenti.
Si tratta chiaramente di una rappresentazione molto statica ma interessante per il suo forte impatto drammatico. La missione viene mostrata nel dettaglio, dal lancio alla scomposizione del razzo in quattro parti, e infine il rientro di ciò che rimane dell'intero veicolo, ovvero una semplice navicella, pilotabile come un aereoplano. Si tratta chiaramente della scena culmine del programma, che paradossalmente al giorno d'oggi mostra un po' il peso dei suoi anni, dato che tale impresa sarebbe poi stata compiuta nel 1961 dal russo Jurij Gagarin in circostanze molto diverse.
Non Solo Televisione
L'impatto di Man in Space sul pubblico fu dirompente. In un'epoca in cui per il popolo americano l'unica finestra sul mondo era la televisione, Walt aveva usato il mezzo in maniera intelligente, esportando conoscenze altrimenti impensabili. E soprattutto l'aveva fatto creando un contesto emotivo sul quale costruire tale cultura. Non stupisce quindi che il programma venne trattato non come un semplice documentario, bensì come un vero e proprio evento disneyano. Negli anni successivi vennero infatti realizzati un adattamento a fumetti, e persino un libro, nell'ottica di portare avanti il progetto divulgativo multimediale di Walt.
Una versione opportunamente accorciata e a colori di Man in Space sbarcò inoltre nelle sale cinematografiche nel 1956, guadagnando addirittura una nomination all'Oscar come miglior cortometraggio documentaristico. Il successo della featurette fu tale che lo stesso presidente Eisenhower ne richiese una copia da proiettare al Pentagono, e addirittura il modellino in scala della stazione spaziale visto in apertura venne mandato a Washington per figurare all'interno del National Air and Space Museum. Disney aveva ancora una volta fatto centro, dando inizio ad una miniserie molto fortunata, il cui secondo episodio, Man and the Moon, sarebbe arrivato nove mesi dopo, nell'ambito della seconda stagione di Disneyland.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: Man in Space
- Anno: 1955
- Durata:
- Produzione: Ward Kimball
- Regia: Ward Kimball
- Storia: Ward Kimball
- Cast: Walt Disney, Heinz Haber, Ward Kimball, Wernher von Braun
- Musica: George Bruns
- Animazione: Jack Boyd, Eric Cleworth, John W. Dunn, John Sibley, Art Stevens, Julius Svendsen, Harvey Toombs
Credits
Nome | Ruolo |
---|---|
Jack Boyd | Animazione |
George Bruns | Musica |
Eric Cleworth | Animazione |
Claude Coats | Fondali |
Walt Disney | Cast |
John W. Dunn | Animazione |
Don Griffith | Layout |
Heinz Haber | Cast; Consulente scientifico |
Ub Iwerks | Effetti Speciali |
Ward Kimball | Cast; Produttore; Regista; Storia |
Art Riley | Fondali |
Anthony Rizzo | Fondali |
Jacques Rupp | Layout |
John Sibley | Animazione |
Art Stevens | Animazione |
Julius Svendsen | Animazione |
Harvey Toombs | Animazione |
Wernher von Braun | Cast; Consulente scientifico |