Zio Paperone e l'Isola alla Fine del Tempo

Il 180° Meridiano

Non sempre un artista è in grado di giudicare con lucidità il valore della propria opera. Ne è un perfetto esempio questa breve avventura, non molto amata da Don Rosa, ma in cui l'autore è riuscito inconsapevolmente a dare il meglio di sé. Rosa riesce qui nel difficile compito di confezionare una storia basata quasi unicamente su un concetto astratto, un fatto scientifico puramente teorico e dunque molto difficile da rappresentare graficamente.

Affidandosi unicamente a gag verbali e dialoghi didascalici (ma mai noiosi), Don affronta lo spinoso argomento del 180“ meridiano, ovvero la linea del cambiamento di data con tutte le convenzioni tecniche necessarie a permettere un comodo ed omogeneo sistema orario internazionale. Al solito è Paperone il motore della vicenda, galvanizzato dalla scoperta della nascita di un'isola vulcanica tutta d'oro, situata però proprio sul meridiano in questione. Don Rosa non esita ad usare uno spunto molto valido, capace di reggere un'intera storia da sola, e a metterlo in secondo piano, concentrandosi più sul tempo che sul tesoro vero e proprio.

Cuordipietra e il Narratore

Sebbene all'epoca Carl Barks avesse dedicato al povero Cuordipietra Famedoro solo tre storie, Don Rosa sceglie invece di eleggerlo a nemico principale della sua epopea, stando bene attento a non banalizzarlo: fin dal Figlio del Sole, l'alter ego di Paperone è freddo, spietato e malvagio, pronto a sporcarsi le mani in prima persona. Anche in questa avventura concisa e di breve respiro, il miliardario boero emerge come un vero doppelganger di Paperone, con le sue stesse manie e i suoi piccoli tentativi di risparmiare fino all'ultimo centesimo. Nello scontro tra i due miliardari questa volta però vince con un colpo di scena il tartufato Kaoki, un abitante di un'isola disagiata: Don inserisce un po' di buonismo nella storia, anche se, a dirla tutta, risulta una scelta un po' retorica e non molto convincente.

Infine, va notato come la storia sia interamente costruita considerando il narratore come un personaggio vero e proprio. Le numerose didascalie infatti ospitano una voce narrante che filosofeggia sul tempo e sui suoi paradossi, con un registro volutamente prolisso e affettato. Una scelta del quale il Don si è successivamente pentito, ritenendo che non aiutasse a rendere la lettura scorrevole e la trama comprensibile. Questo vezzo tuttavia è interessante, poiché crea un effetto comico simile a quello degli How To animati di Pippo, esaltando il forte contrasto fra l'anima didascalica e quella dissacrante della storia. Ed anche il finale lo dimostra, dato che proprio contro la “dida” Paperone si scaglia nell'ultima vignetta, in un curioso esempio di metafumetto, piuttosto raro nell'opera donrosiana.