Koda, Fratello Orso
L'Unità di Florida Chiude i Battenti
Il drammatico Brother Bear venne realizzato in uno dei periodi più turbolenti della storia degli studios. All'inizio del nuovo secolo, per fronteggiare la minaccia della sempre più agguerrita concorrenza, la tipica formula che aveva caratterizzato gli anni 90 venne messa da parte e l'animazione disneyana si avviò sulla strada della sperimentazione, alternando film d'avventura e commedie. Stranamente Brother Bear si discostò da questo nuovo corso: nell'occhio del ciclone, venne realizzato attenendosi a quella formula che si credeva ormai passata di moda. Il film però ebbe uno sviluppo a dir poco sofferto. Fu il terzo lungometraggio del canone disneyano, dopo Mulan e Lilo & Stitch, ad essere quasi interamente prodotto nella succursale di Florida, a pochi giorni dal suo smantellamento. Michael Eisner, CEO di allora, e il resto della dirigenza aveva infatti stabilito che l'animazione tradizionale non era più redditizia, e che era arrivato il momento di passare definitivamente alla computer grafica, accentrando la produzione a Burbank e chiudendo di fatto le due unità di Parigi e Orlando. Inizialmente Brother Bear avrebbe dovuto seguire il più frivolo Home on the Range, rispettando quindi la regola non scritta che vedeva l'alternanza tra film epici e spiritosi, ma la scaletta produttiva venne sconvolta e i due lungometraggi finirono invertiti. Brother Bear sarebbe certamente stato un commiato ben più significativo per l'animazione tradizionale, rispetto al pur simpatico Home on the Range, ma le politiche del periodo non lo permisero: c'era fretta di dare il colpo di spugna e recidere il prima possibile i legami con un passato scomodo, anche a costo di compromettere la piena riuscita del progetto.
Le Mille Sfaccettature di una Storia
Ambientato durante l'ultima glaciazione, Koda Fratello Orso racconta la storia di Sitka, Denahi e Kenai, tre fratelli che vengono divisi per sempre da una tragedia. Dopo uno scontro con un orso infatti Sitka perde la vita, e sottoforma di spirito guida dovrà ricondurre alla ragione il fratello minore Kenai, accecato dalla sete di vendetta. Il ragazzo verrà quindi trasformato in un orso e si ritroverà a dover accudire il cucciolo Koda, diventando il suo fratellone adottivo e acquisendo così un nuovo punto di vista sul mondo. Ironia della sorte, Denahi, ignaro della trasformazione, si ritroverà a dare la caccia al fratello, credendolo l'orso responsabile di tutto, mettendo Kenai di fronte al riflesso di ciò che era in precedenza. Ben quattro protagonisti con un percorso ben preciso da compiere, attraverso continue mutazioni fisiche e spirituali, rendono la trama del film assai più complessa e stratificata della media del periodo. Si tratta senza dubbio di tematiche forti, che rendono Brother Bear un film pregno di contenuti e incline al paradosso. Il lungometraggio insegna infatti a vivere attraverso la morte, ad essere veri uomini diventando orsi, e come da un matricidio possa scaturire ugualmente amore, se si impara a perdonare e a guardarci per quel che siamo: esseri viventi capaci di amare e farsi del male allo stesso tempo, collegati gli uni agli altri da una fratellanza spirituale oltre che di sangue.
Pur partendo da una storia di tale caratura, il film presenta alcuni problemi di ritmo nella sceneggiatura, probabilmente dovuti allo sfortunato iter produttivo e a quella fretta di mandarlo nelle sale, che ne ha impedito una maggior rifinitura. Ad esempio, Il viaggio intrapreso da Koda e Kenai nel corpo centrale del film, pur essendo indispensabile per il loro avvicinamento, risulta però troppo dilatato, e ha delle ripercussioni sulle successive sequenze. L'apice del film con l'arrivo e l'accettazione di Kenai nella comunità degli orsi slitta quindi in fase avanzata, quando è fin troppo tardi perché lo spettatore recepisca positivamente tale parentesi felice (con tanto di numero musicale!). Un altro effetto negativo di questo scompenso ritmico si ha nel climax finale, con il conflitto che viene troncato sul più bello, e portato a risoluzione prima che venga raggiunto l'apice.
Un'altra pecca è il mancato inserimento delle spalle comiche nell'economia della vicenda. Gli alci Fiocco e Rocco forniscono un contrappunto umoristico all'acqua di rose, non del tutto sgradevole, ma assolutamente ininfluente per l'intreccio, distanziandosi anni luce da figure come il Grillo Parlante o Filottete, fondamentali per la storia. Questa pessima gestione della componente umoristica danneggia fortemente anche la chiusura del film: dopo una scena finale assolutamente maestosa, partono immediatamente i credits, “arricchiti” da gag surreali e scenette comiche totalmente fuori registro con quanto appena visto. La loro presenza sarebbe stata ben accetta con uno stacco di qualche minuto che avesse potuto dare un minimo di respiro allo spettatore, ma così purtroppo l'effetto è dei peggiori. Un tentativo piuttosto maldestro di stemperare l'aulicità di un film, dandogli quel sapore “al passo coi tempi” che Michael Eisner avrebbe ben presto imposto anche a Chicken Little. Anche in questo caso, la fretta di mandarlo nelle sale è stata decisamente cattiva consigliera, il che è un vero peccato perché con un'ulteriore supervisione e qualche accorgimento in più Brother Bear avrebbe potuto essere un vero capolavoro.
Arte Panoramica
Brother Bear è uno degli ultimi Classici Disney in animazione tradizionale, e come tale si porta dietro tutta la caratura artistica che da sempre accompagna queste produzioni. Si tratta anche di uno dei lungometraggi più curati sotto quest'aspetto, con alcuni fra gli sfondi più rifiniti della filmografia Disney. La vegetazione abbondante e le colorazioni magistrali catturano l'attenzione, e il resto la fa l'ottima animazione. Alcuni grandissimi nomi hanno supervisionato le animazioni del film, come ad esempio Ruben Aquino (Ursula, Simba, Powhatan) che si è occupato di Denahi oppure Alex Kupershmidt (le Iene, Stitch) che ha realizzato il piccolo Koda. Kenai in versione orso è invece opera di quello stesso Byron Howard (Cobra Bubbles), che avrebbe successivamente diretto lungometraggi come Bolt e Rapunzel.
Questo spettacolo visivo viene valorizzato dalla bizzarra scelta di realizzare il film in due formati differenti. Il drammatico inizio, ambientato nella civiltà umana, è infatti girato in 16:9, ma dopo la trasformazione di Kenai si passa al formato panoramico, suggerendo quindi che le sue prospettive si siano allargate. Questo cambio di punto di vista viene ottimamente reso anche grazie a un sapiente uso dei colori che improvvisamente si accendono, diventando più saturi e rendendo il tutto ancor più spettacolare.
Il Ritorno di Phil Collins
Con la fine degli anni 90 la classica formula disneyana di stampo musical viene messa da parte per inaugurare una stagione di lungometraggi incentrati su commedia e azione. Questo cinema d'animazione più specifico avrebbe avuto ugualmente delle buone colonne sonore, ma solo occasionalmente avrebbe fatto uso di canzoni originali (I'm Still Here in Treasure Planet fu una della più belle eccezioni). Con Brother Bear e il successivo Home on the Range si torna invece alla vecchia ricetta, e per l'occasione viene richiamato Phil Collins, che aveva concluso la stagione musical disneyana scrivendo nel 1999 la colonna sonora di Tarzan. Pur non raggiungendo il livello della sua prima opera disneyana, Collins scrive alcuni pezzi ugualmente molto piacevoli, che si accompagnano molto bene alle strumentali, composte invece da Mark Mancina.
- Great Spirits - Si tratta della solenne overtoure cantata da Tina Turner, che apre il film in modo potente, dando alla storia dei tre fratelli una chiave di lettura spirituale. È una sequenza trasognata e nel contempo fresca e dinamica, la cui unica nota stonata sono i pesci realizzati in CGI e integrati male nel contesto.
- Transformation - È un brano molto particolare quello che accompagna la trasformazione di Kenai in orso. Ne esistono due versioni, una cantata da Phil Collin e presente nel cd della colonna sonora, e quella che si sente nel film, in cui è presente solo il coro (Bulgarian Women's Choir). Si tratta forse del momento musicale più intenso di tutto il film, solenne e angosciante nel contempo.
- On my Way - Come spesso accade nel cinema disneyano, ad oliare gli ingranaggi dello storytelling spesso intervengono le canzoni, capaci con il montaggio di suggerire il passaggio del tempo e portare avanti la trama. Questa bella canzone di viaggio ne è il perfetto esempio, visto che descrive il progressivo avvicinarsi di Koda e Kenai, sulla strada verso il “raduno del salmone”.
- Welcome - La canzone giusta al momento sbagliato. Come si diceva sopra, l'eccessiva dilatazione della parte centrale di viaggio causa qualche problema di ritmo al film, e così la sequenza musicale dell'arrivo di Kenai nella sua nuova famiglia appare leggermente fuori posto. Il brano rimane comunque molto buono.
- No Way Out - Una delle regole d'oro del musical è che una canzone debba iniziare nel momento in cui il personaggio non trova più le parole per esprimersi diversamente. No Way Out è quindi l'esempio più azzeccato di questo principio, visto che è la scena in cui Kenai si trova costretto a confessare a Koda il matricidio. Le parole, gli sguardi, ciò che viene detto e quello che invece viene taciuto, sono ingredienti che rendono questa sequenza un pugno nello stomaco, sferrato in modo magistrale da una Disney padrona del proprio registro.
- Look Through My Eyes - È un altro bel brano, in puro stile Phil Collins, che però non trova spazio nel film, ma solo nei titoli di coda.
In Quei Giorni di Follia
Funestato da una cornice storica assolutamente negativa, Brother Bear non ha avuto grandi risultati al botteghino, confermando nelle menti della dirigenza che non era questa la strada che l'animazione Disney avrebbe dovuto percorrere. Tuttavia la situazione era molto più complessa, e le difficoltà che gli studios stavano affrontando per riemergere erano di varia natura. Le questioni relative al registro e alla tecnica utilizzata erano bazzecole in confronto al pesantissimo calo d'immagine che in quegli anni il marchio Disney si portava dietro, alimentato anche dall'uscita per il mercato home video dei cosiddetti “cheapquel” firmati DisneyToon Studios. Pur non essendo stato un gran successo, anche Brother Bear ebbe il proprio seguito direct to video, e solamente un paio d'anni dopo, confermando quindi il disastroso trend. Paradossalmente però la situazione negativa nella quale versava l'azienda aveva fatto rifluire in quei reparti anche qualche artista di lusso, assicurando al sequel di Brother Bear una mimesi stilistica di tutto rispetto. Poteva succedere anche questo alla Disney in quei giorni di follia.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: Brother Bear
- Anno: 2003
- Durata:
- Produzione: Igor Khait, Chuck Williams
- Regia: Aaron Blaise, Robert Walker
- Sceneggiatura: Steve Benchich, Loren Cameron, Ron J. Friedman, David Hoselton, Tab Murphy
- Storia: Stephen Anderson, Kevin Deters, Thom Enriquez, Nathan Greno, Kevin Harkey, Broose Johnson, John Norton, John Puglisi, Stevie Wermers Skelton, Woody Woodman
- Musica: Phil Collins, Mark Mancina
- Supervisione dell'Animazione: Ruben Azama Aquino, Rune Brandt Bennicke, Tom Gatley, Byron Howard, James Young Jackson, Brosse Johnson, Alex Kupershmidt, Anthony Wayne Michaels, Tony Stanley
Credits
Nome | Ruolo |
---|---|
Bruce Anderson | Direzione di Produzione |
Stephen Anderson | Supervisione Storia |
Jonathan Annand | Animazione (Kenai-Bear) |
Ruben Azama Aquino | Animatore principale (Denahi) |
Gregg Azzopardi | Animazione (Kenai-Bear) |
Hans Bacher | Sviluppo Visivo |
Tom Bancroft | Animazione (Tuke) |
Steve Benchich | Sceneggiatura |
Michael Benet | Animazione (Kenai-Human) |
Robert Bennet | Effetti d'Animazione |
Aaron Blaise | Regista |
Travis Blaise | Animazione (Koda) |
Jason Boose | Animazione (Koda) |
Philip Scott Boyd | Supervisione Cleanup |
Rune Brandt Bennicke | Animatore principale (Tug and Koda's Mom); Progettazione Personaggi |
Robert Bryan | Animazione (Kenai-Bear); Animazione (Tuke) |
Loren Cameron | Sceneggiatura |
Dominic M. Carola | Animazione (Denahi) |
Irma Cartaya Torre | Supervisione Ink & Paint |
Darko Cesar | Animazione (Koda) |
Richie Chavez | Sviluppo Visivo |
Tony Cipriano | Maquette |
Phil Collins | Canzoni; Musica |
Robert O. Corley | Animazione (Koda) |
John Cunningham | Supervisione Pianificazione Scene |
Ron De Felice | Fondali |
Kevin Deters | Storia |
Jeff Dickson | Supervisione Layout |
Sasha Dorogov | Animazione (Koda) |
Thom Enriquez | Storia |
Xin-Lin Fan | Fondali |
Paul Felix | Sviluppo Visivo |
Trey Finney | Animazione (Koda) |
Jazno Francoeur | Effetti d'Animazione |
Ron J. Friedman | Sceneggiatura |
Tom Gatley | Animatore principale (Tanana) |
Billy George | Layout |
Joseph Gilland | Effetti d'Animazione |
Craig Anthony Grasso | Layout |
Christopher F. Greco | Fondali |
Nathan Greno | Storia |
Troy Gustafson | Effetti d'Animazione |
Darlene Hadrike | Effetti d'Animazione (CG) |
Kevin Harkey | Storia |
Andrew Edward Harkness | Layout |
Douglas Henderson | Sviluppo Visivo |
Andrew Hickson | Layout |
David Hoselton | Sceneggiatura |
Byron Howard | Animatore principale (Kenai-Bear) |
Thomas Humber | Layout |
John Hurst | Animazione (Kenai-Human) |
James Young Jackson | Animatore principale (Kenai-Human) |
Brian Jefcoat | Supervisione TD Modeling |
Xiangyuan Jie | Sviluppo Visivo (Backgrounds styling) |
Broose Johnson | Storia |
Brosse Johnson | Animatore principale (Tuke) |
Scott Kersavage | Supervisione CG |
Igor Khait | Produttore Associato |
Barry R. Kooser | Supervisione Fondali |
Dean Kovats | Fondali |
Alex Kupershmidt | Animatore principale (Koda) |
Christine Lawrence Finney | Supervisione Cleanup |
Theodore Anthony Lee Ty | Animazione (Denahi) |
Richard Carl Livingston | Layout |
Saiping Lok | Sviluppo Visivo |
Dan Lund | Effetti d'Animazione |
Mark Mancina | Musica |
Steve Mason | Animazione (Kenai-Bear) |
Sarah Mercey-Boose | Animazione (Koda) |
Anthony Wayne Michaels | Animatore principale (Sitka) |
Branko Mihanovic | Animazione (Kenai-Bear) |
Tab Murphy | Sceneggiatura |
David Murray | Fondali |
John Norton | Storia |
Bill Perkins | Sviluppo Visivo |
Tony Plett | Supervisione Look Development |
John Puglisi | Storia |
Franc Reyes | Sviluppo Visivo |
Robh Ruppel | Direzione Artistica |
Armand Serrano | Layout |
Gary Shumer | Effetti d'Animazione |
Harald Siepermann | Sviluppo Visivo |
William T. Silvers Jr. | Fondali |
Tony Stanley | Animatore principale (Rutt) |
Robert E. Stanton | Fondali |
Sean Sullivan | Fondali |
John David Thornton | Effetti d'Animazione |
Jean Claude Tran | Animazione (Kenai-Bear) |
Marcelo Vignali | Sviluppo Visivo |
Robert Walker | Regista |
David (Ying Guang) Wang | Fondali |
John Webberm | Animazione (Kenai-Bear) |
Stevie Wermers Skelton | Storia |
Tony West | Effetti d'Animazione |
Ian White | Animazione (Kenai-Bear) |
Chuck Williams | Produttore |
Jason William Wolbert | Effetti d'Animazione (CG) |
Woody Woodman | Storia |
Garret Wren | Supervisione agli Effetti d'Animazione |
David Yorke | Fondali |
David Zach | Animazione (Rutt) |