Topolino e Billy il Topo
Nel “Selvaggio” West
Con Billy il Topo la striscia di Mickey Mouse offre l’ultima avventura di respiro del periodo bellico, prima di entrare in una sorta di letargo fatto di gag e storie brevi. Pur dipanandosi per tre mesi, non è certo una delle storie più elaborate di Walsh e Gottfredson, anche se in diversi punti regala notevoli motivi di interesse. Fortunatamente Gottfredson la disegna per intero, senza assentarsi mai come era avvenuto nella precedente La Casa Misteriosa e come avverrà ancora durante la fase minore che lo attende a breve. Il risultato è felice, il tratto di Floyd è ancora sufficientemente tondeggiante ed espressivo per richiamare lo splendido comparto visivo del tempo che fu.
La storia prende il via quando Topolino e Tip trovano un indiano sulla soglia di casa, venuto a chiedere aiuto per conto di una lontana cugina, proprietaria di un ranch nel selvaggio west. E’ l’occasione per Mickey di tornare in quei luoghi, dove nel decennio ruggente aveva vissuto avventure mozzafiato. Il west ritratto da Walsh si colloca a metà strada fra i consueti stereotipi di questo genere narrativo, e una visione più lucida a disincantata, di natura prettamente satirica. In questo, Walsh sembra proseguire il ragionamento iniziato dallo stesso Gottfredson ne La Barriera Invisibile: il west non è più quello di un tempo, viziato ormai dalla modernità che avanza. E così Walsh si diverte a mettere in scena tecnologici banditi capaci di controllare il mercato nero del bestiame di tutto il Nord America, cavalli affetti da divismo hollywoodiano e addirittura indiani che si comportano come “cats”, adolescenti americani appassionati di jazz e che vivono in accampamenti dotati di tutti i comfort.
Il Doppio Non Si Vede
Dopo il malefico sosia robot delle Meraviglie del Domani e l’avventura con il dandy Re Sorcio, Topolino si ritrova nuovamente a misurarsi con il tema del doppio. Il diabolico Billy, terrore del West, è però soltanto una presenza che ammicca dai manifesti da ricercato e non appare mai sulla scena. Si tratta di un semplice espediente narrativo che permette a Topolino di infiltrarsi nella malavita del boss locale, mascherato da bandito, cercando goffamente di farsi passare per lui. Ovviamente i risultati sono comici, e Mickey si ritrova spesso a sentirsi inadeguato, come nella scena dell’assalto al treno, che finisce con lui che distribuisce ricevute e biglietti di scuse ai poveri derubati. L’impressione è che anziché portare avanti la trama, si preferisca far “giocare” Topolino al cowboy, per farlo evadere dall’oppressione del quotidiano.
La storia vera e propria rimane di sfondo, mentre si cerca ogni pretesto possibile per ritardare l’indagine e mostrarci Mickey alle prese con le diverse situazioni legate al suo tentativo di fare il duro, malgrado l’imborghesimento galoppante. Walsh fa di tutto per metterlo in difficoltà, facendolo addirittura invaghire di una maestrina locale, una bionda tartufata dalle proporzioni molto umane che ricorda per portamento la sensuale Drusilla. In tutto questo il vero Billy brilla per la sua assenza, promettendo ad un certo punto un arrivo in scena che in realtà non avverrà. Ci penserà lo stesso Walsh con la creazione del diabolico Miklos e poi in seguito Romano Scarpa con il suo Topo The Kid a riprendere in mano l’idea del doppio malvagio, con esiti ben più felici.
Una Fine Temporanea
Per tutta la durata della storia, Bill Walsh sembra voler omaggiare a più riprese la grande avventura western degli anni 30 e il lungo combattimento tra i canyon con il famigerato boss Tracanna sembra andare in quella direzione: viene spalmato su diverse vignette e risulta dinamico anche grazie all’ottima inchiostrazione di Dick Moores che valorizza il tratto di Floyd. Ma sono solo lontane eco, e il tutto risulta fin troppo diverso nello spirito, basti pensare al finale in cui scopriamo che la cugina di Topolino era in realtà convolata a giuste nozze, vanificando con una trovata umoristica il presupposto di partenza di una storia palesemente improvvisata.
Una conclusione tanto farsesca risulta assolutamente in linea con la nuova linea editoriale che la striscia sta per assumere. La penuria di carta e la difficoltà dei lettori a seguire i giornali impone di congelare per il momento le avventure lunghe. Seguirà un lungo periodo di strisce autoconclusive che durerà quasi un anno, per sfociare in una carrellata di storie brevi che ci terrà compagnia per altre due annate. Sarà solo nel settembre 1947, ben due anni e tre mesi dopo le vicende western di Billy il Topo, che Walsh e Gottfredson apriranno un nuovo, esaltante ciclo, con l’arrivo di Eta Beta.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
di Amedeo Badini Confalonieri - Il fumetto è sempre stato la sua grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico gli ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il suo primo campo, ma non disdegna sortite e passeggiate in territori vicini. Scrive di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per il Papersera.
Scheda tecnica
- Titolo originale: Mickey Mouse in Billy, the Mouse
- Anno: 1945
- Durata:
- Storia: Bill Walsh
Credits
Nome | Ruolo |
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Floyd Gottfredson | Disegni |
Bill Walsh | Storia |