Pippo: Divertirsi in Sicurezza
Pippopandemie
Siamo nell'autunno del 2020, nei giorni della seconda ondata di Covid-19, quando il veterano Eric Goldberg, uno degli ultimi custodi dell'animazione tradizionale rimasti ai Walt Disney Animation Studios, propone di riprendere in mano il personaggio di Pippo per provare a raccontare con umorismo gli effetti della pandemia. Pochi mesi prima, un team capitanato da Hyrum Osmond aveva portato a termine un progetto molto simile utilizzando Olaf, il pupazzo di neve di Frozen, in una divertente raccolta di ventuno brevissimi sketch animati, riuniti sotto il titolo ombrello di At Home With Olaf. Il tenero personaggio si era dimostrato versatile e ricco di potenziale espressivo, e in uno dei mini-episodi era stato - cosa inedita - animato in 2D dal bravissimo Trent Correy. Per ragioni di congruenza narrativa con l'universo di Frozen però non era stato possibile fare riferimenti diretti alla pandemia, cosa che invece nel caso di Pippo poteva avvenire, trattandosi di un personaggio legato al nostro mondo. Il buon vecchio Goofy era l’everyman perfetto in grado di illustrare con piglio satirico le evoluzioni della società.
Ai WDAS Pippo era stato tenuto però in panchina per quasi tre lustri, sin dai tempi di How to Hook Up Your Home Theater. Allora era il 2007, l'anno della primissima gestione Lasseter, una fase in cui si era tentato di rilanciare l'animazione disneyana guardando al passato e dando il via libera ad una serie di gustosissimi revival. Il ritorno del 2D, la ripresa di vecchie glorie come Winnie the Pooh, addirittura l'omaggio a serie e formati abbandonati come le featurette o gli How To: tutto puntava a riprodurre le forme dell'animazione Disney della golden age. Quattordici anni dopo, molte cose sono cambiate e la Disney si è trasformata in un colosso dell'intrattenimento a 360°, la cui priorità non è certo il revival di un glorioso passato, bensì il nutrire la sua piattaforma di streaming, sempre più affamata di nuovi contenuti. Il progetto di Goldberg viene dunque accolto ma non ne scaturisce un vero e proprio cortometraggio strutturato come quello del 2007, bensì un terzetto di brevissimi sketch sotto i due minuti di durata, che verranno così distribuiti su Disney+ nell'agosto del 2021.
Eric, Randy e Mark
Eric Goldberg si assume il compito di scrivere, dirigere e supervisionare l'intero progetto, realizzando personalmente l'animazione del primo segmento e affidando gli altri due ai suoi leggendari colleghi Randy Haycock e Mark Henn. Il lavoro procede per nove mesi in modo molto artigianale, secondo una procedura tradizionale a base di carta e matite: i tre artisti si ritrovano così a realizzare da casa ogni singolo frame, che verrà poi messo insieme ed editato da un piccolo team di una decina di persone. Per l'occasione viene riprodotta l'originale opening dei corti di Jack Kinney, posta in apertura (e in chiusura) di ognuno dei tre short. Anche la colonna sonora è riciclata e consiste in un remix di strumentali preesistenti tratte dalla sua classica filmografia. Tutto, dalla tecnica d'animazione 2D al passo umoristico dei gloriosi How To viene magicamente riportato in auge: un'operazione nostalgia in piena regola.
1. How to Wear a Mask (Eric Goldberg). La prima delle tre vignette ci mostra Pippo sull'uscio di casa, in un vano tentativo di indossare in modo corretto una mascherina, finendo per impigliarsi sempre di più tra gli elastici. Il momento in cui vediamo entrare in scena il personaggio, forte del suo design tradizionale e con la voce narrante pronta a descriverne pomposamente le azioni, è magia pura. Dopo anni di reinterpretazioni ad opera di altri studi e divisioni, Goofy viene restituito alla sua dimensione più autentica, dalla quale non si vorrebbe più vederlo tornare indietro. La scenetta è molto semplice, anche se il twist finale in cui scopriamo che la meta di Pippo non era altro che la cassetta delle lettere in giardino si rivela davvero gustoso. A spiccare è però l'animazione di Goldberg, che a dispetto dei tanti anni di onorato servizio dimostra di star evolvendo in una direzione sempre più interessante, senza adagiarsi in soluzioni manieristiche. Il suo tratto è guizzante, curvilineo, incredibilmente elegante, ma soprattutto coglie in pieno la carica espressiva di Pippo, che è fatta anche di umorismo fisico.
2. Learning to Cook (Randy Haycock). Il secondo segmento della raccolta è stato invece animato da Randy Haycock, altro esponente della vecchia guardia, famoso per aver supervisionato in passato l'animazione di personaggi quali Clayton, Kida, Naveen e Ih-Oh. Il riferimento al Covid-19 qui si fa più vago e sfumato, dato che il tema dell'episodio è semplicemente lo scoprirsi grandi chef usando il poco che si ha in casa, esperienza che nei mesi di lockdown molti hanno sperimentato, ma che tutto sommato rimane universale. Delle tre è questa la scenetta più lunga, e ci mostra Pippo realizzare un grottesco accrocchio alimentare con tanto di involucri di cibo spazzatura che aveva scordato in dispensa. Lo stile di Haycock ha una sua forte espressività, differente da quella di Goldberg, e sembra rifarsi direttamente al Pippo di Mickey's Birthday Party (1942) di cui viene ripreso il vestiario e parte del tema musicale. Data la presenza di qualche inquadratura in più è possibile notare lo stile adottato per i fondali, più grafico e squadrato rispetto allo stile anni 40 a cui si rifà invece l'animazione.
3. Binge Watching (Mark Henn). Infine ecco il terzo e ultimo sketch, firmato da Mark Henn e incentrato sull'ossessione compulsiva di guardare in sequenza tutti gli episodi di una stessa serie, per ingannare l'attesa nei lunghi pomeriggi di vuoto dovuti al lockdown. Anche in questo caso stiamo parlando di un qualcosa di universale, non propriamente legato al Covid-19, sebbene la presenza di una gag sulle mascherine riconduca il corto alla situazione pandemica. Si tratta di un'unica lunga gag in cui vediamo il volto statico di Pippo rimanere fisso sullo schermo, mentre il resto del corpo gironzola per la casa sbrigando le faccende domestiche. Henn, famosissimo per il suo lavoro di supervisione delle più importanti protagoniste femminili del cinema disneyano si ritrova qui a gestire un soggetto del tutto differente, ma come da lezione goldberghiana, punta tutto sulla fisicità non potendo lavorare sulle espressioni facciali. Oltre alla gag del collo allungabile, il corto si fa ricordare per il breve momento in cui si rompe la quarta parete e vediamo intervenire sulla scena la mano del narratore degli How To.
Animazione Modulare
Data la loro brevità, i tre segmenti anziché veri e propri cortometraggi somigliano più che altro alle sequenze di un ipotetico "corto fantasma" mai prodotto. Proprio per questo motivo la piattaforma offre all'utente la possibilità di gustarseli montati insieme in un unico reel, oltre che in versione singola. Eppure, anche con questa modalità di fruizione, al termine della visione ci si sente ancora più affamati. Si ha la sensazione di aver sbirciato in un mondo in cui la storia dell'animazione ha preso un'altra strada e questi personaggi sono rimasti saldamente nelle mani dello studio che li ha creati. Ma appunto è un'occhiata fugace, che aumenta il nostro desiderio senza appagarlo totalmente. La settimana precedente all'arrivo in piattaforma di questo materiale, i WDAS avevano presentato un altro cortometraggio in animazione tradizionale, nell'ambito del programma sperimentale Shortcircuit: il divertente Dinosaur Barbarian di Kim Hazel. Anche in quel caso, la tecnica veniva riportata in vita più come un omaggio al passato, un vezzo per artisti nostalgici, che come piatto forte su cui puntare davvero.
Rispetto al più convinto revival lasseteriano di molti anni prima, questo How to Stay at Home ha l'aria del contentino per amatori. Non si ha l'impressione di aver assistito a qualcosa di compiuto, ma a schegge di una rara pietra preziosa, andata accidentalmente in frantumi e che sarebbe auspicabile un giorno ricomporre e arricchire. Eppure, non sono queste le politiche che la Company in questo periodo storico intende adottare: il bisogno di creare contenuto per Disney+ sembra voler privilegiare la produzione di materiale molto breve, gag da una novantina di secondi, facili da produrre in alta qualità e con la possibilità di essere montate e smontate a seconda della necessità di fruizione. Produrre cinque minuti di animazione su un singolo tema e suddividerne le sequenze per dire di aver prodotto una serie di tre nuovi cortometraggi dà un effetto diverso e fa innegabilmente volume. Conferma di questa nuova tendenza alla "produzione modulare" si avrà già tre mesi dopo con l'uscita in piattaforma delle cinque parti di Olaf Presents, divertente collezione di siparietti, strutturata in modo analogo al progetto estivo del grande Eric Goldberg.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: How To Stay At Home
- Anno: 2021
- Durata:
- Regia: Eric Goldberg
- Cast: Bill Farmer
Credits
Nome | Ruolo |
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Bill Farmer | Cast (Goofy) |
Eric Goldberg | Animatore; Regista; Sceneggiatore |
Randy Haycock | Animatore |
Mark Henn | Animatore |