La Leggenda di Frozen
Il Focolare di Gipson
Dopo l'ottimo risultato di Cycles, primo cortometraggio disneyano in Virtual Reality e parte dell'iniziativa ShortCircuit, al regista Jeff Gipson viene proposto di continuare a lavorare su questa nuova tecnologia, dando vita a un secondo progetto VR, ispirato questa volta alla mitologia di Frozen. Negli stessi giorni in cui ai Walt Disney Animation Studios si lavora di gran lena a Frozen 2, Gipson si mette alla guida di un "team nel team" col compito di creare qualcosa strettamente connesso al franchise ma con una sua autonomia artistica. Dal momento che il sequel scavava a fondo nella tradizione norrena, personificando gli spiriti elementali della natura, Gipson decide di prendere in prestito quello stesso pantheon, raccontandone i retroscena come se si trattasse di una favola della buonanotte, narrata davanti al caminetto.
Il concetto di "bedtime stories" era infatti radicato nell'immaginario di Gipson sin dai primi anni di vita, come lui stesso dirà poi in un'intervista: suo padre infatti amava raccontargli dell'incontro realmente avvenuto tra il suo bis-bis-nonno e il leggendario fuorilegge del west Jesse James, alimentando inevitabilmente la sua fantasia. Myth si apre dunque all'interno di una capanna, situata alla periferia di Arendelle, dove vediamo una famiglia riunirsi per un racconto intorno al fuoco. Quando inizia la narrazione lo scenario cambia, il parlato lascia spazio alla musica e lo spettatore si ritrova immerso all'interno di uno scenario fiabesco, un diorama animato in cui gli spiriti elementali danzano davanti ai suoi occhi.
Una Disneyland Virtuale
Qua e là si fa strada la voce narrante di Evan Rachel Wood, che in Frozen 2 interpretava Iduna, e che qui spiega come durante un primo periodo i quattro spiriti si equilibrassero a vicenda, fino a che non ne nacque un quinto, lo "spirito umano", definizione peraltro assente in Frozen 2. Nel film infatti ci si riferisce ad esso come ad uno spirito-ponte, mostrando Elsa diventarne l’incarnazione, qui si suggerisce una sua preesistenza, legandolo strettamente alla natura umana. Il registro è piuttosto alto, e in breve tempo vengono mostrate la fine dell'equilibrio, la fuga degli spiriti e infine la profezia di una nuova età dell'oro. Al ritorno nella capanna, il fuoco del caminetto è quasi estinto e la famiglia è assente, lasciando nello spettatore un senso di perdita e di mistero.
Dal punto di vista artistico si tratta di una vera e propria giostra visiva, e lo stesso Gipson infatti cita Disneyland tra le sue fonti di ispirazione: l'idea, simile a quella che animava Walt negli ultimi vent'anni di attività, è proprio quella di trascinare lo spettatore dentro la storia, portandolo quasi a toccare con mano la materia narrativa. Il fatto stesso che si cominci e si finisca nella stessa capanna aiuta a far percepire l'esperienza come una sorta di dark ride su binari. L’elemento interattivo è tuttavia smussato da alcuni accorgimenti che impediscono allo spettatore di muovere la testa in direzioni che inquinino la naturale regia del cortometraggio. Nelle direzioni “cieche” infatti il colore si desatura e la musica si abbassa, in modo che l’attenzione sia sempre rivolta dalla parte giusta, portando il pubblico a ruotare lentamente su sé stesso, con una certa naturalezza.
Brittney, Eyvind e Mary
A caratterizzare l’esperienza è però il bellissimo comparto visivo: sebbene i personaggi della capanna siano in CGI, tutto il resto viene rappresentato attraverso silhouette e figure bidimensionali (con un’eccezione: la lucertola Bruni). La designer Brittney Lee riesce nel difficile compito di portare in 3d il 2d, dando allo spettatore l’impressione di essere precipitato in mezzo a un vero e proprio quadro in movimento. Nel far questo si ritrova a esaudire un vecchio desiderio di Walt, ovvero riuscire a portare effettivamente su schermo lo stile dei grandi concept artist dello studio, il cui lavoro troppo spesso veniva confinato nelle fasi di preproduzione. Per tratteggiare la Foresta Incantata Brittney Lee si colloca sulla stessa scia di Michael Giaimo, l’art director dei due Frozen, il quale ne aveva modellato gli ambienti sullo stile di Eyvinde Earle. Gli alberi di betulle verticali che fanno da cornice alla scena riprendono infatti quelli che Earle aveva realizzato per Sleeping Beauty (1959). Per quanto riguarda il colore invece Brittney Lee decide di prendere una strada completamente differente, distanziandosi da Earle e optando invece per un approccio alla Mary Blair, fatto di accostamenti cromatici arditi e atmosfere surreali. Il risultato prende il meglio dei due mondi e la resa è magistrale.
Infine tra le grandi fonti di ispirazione troviamo Fantasia (1940): la colonna sonora sinfonica è infatti stata scritta da Joe Trapanese prima dell’effettiva messa in produzione delle immagini, motivo per cui gli artisti si sono trovati a dover subordinare l’animazione alla musica, proprio come ai tempi del film concerto. Mostrato al pubblico in occasione dell’anteprima di Frozen 2, il cortometraggio di Gipson non ha accompagnato il lungometraggio durante la sua normale distribuzione, rivelandosi al mondo in un secondo momento e solo attraverso Oculus, il dispositivo VR di Google. Una versione standardizzata per chi non fosse provvisto di tale tecnologia è stata però diffusa attraverso la piattaforma Disney+, come già era avvenuto per il predecessore Cycles. Pur perdendo molto in questa forma a telecamera fissa, Myth è ora fortunatamente fruibile e alla portata di tutti. E pur avendo aperto la strada a una nuova stagione di cortometraggi ispirati al mondo di Frozen con protagonista il pupazzo Olaf, Myth: A Frozen Tale gareggia in una categoria a sé, mostrando fieramente un’ambizione artistica del tutto fuori misura per un cortometraggio derivativo.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: Myth: A Frozen Tale
- Anno: 2019
- Durata:
- Regia: Jeff Gipson
- Musica: Joseph Trapanese
Credits
Nome | Ruolo |
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Jeff Gipson | Regista |
Joseph Trapanese | Musica |