Gli Aristogatti
Dopo Walt
Il 15 dicembre del 1966 si spegne Walter Elias Disney. L'ultimo lungometraggio d'animazione realizzato sotto la sua guida, The Jungle Book, esce l'anno successivo, regalando al mondo il più festoso congedo possibile dal grande cineasta. Rimasto privo di una guida, lo studio non può fare molto altro che cercare di varare progetti basati su quelle che erano state le più recenti linee guida del fondatore. È il caso de Gli Aristogatti, la cui realizzazione effettiva avviene nei quattro anni successivi alla morte di Walt, ma la cui preproduzione era iniziata ben prima. La storia del ventesimo lungometraggio del Canone Disney si basa su uno script firmato da Tom McGowan e Tom Rowe, commissionato esternamente nei primi anni 60. In quella fase lo Studio stava cercando nuove storie di animali per trarne dei film tv live action in due parti, da posizionare all'interno della serie antologica Walt Disney's Wonderful World of Colors.
La vicenda inizialmente era abbastanza diversa da come la conosciamo oggi, e molti dei cambiamenti allo script originale vennero proprio da Walt Disney. Si può quindi dire che il film sia comunque direttamente collegato all'eredità autoriale di Walt, che fu ben presente nelle prime fasi di lavorazione. Il punto di svolta fu la decisione di archiviare l'idea del film tv, destinando Gli Aristogatti al reparto animazione. In quegli anni a dirigere i lungometraggi animati era l'immancabile Wolfgang Reitherman, uno dei nine old men, animatore veterano che nelle ultime fasi della sua carriera si era reinventato come regista. Sotto la direzione di Reitherman il film si allineò alla classica impostazione comedy tipica del periodo, molto distante dalla solennità dei kolossal fiabeschi di molto tempo prima. Negli anni della xerografia infatti si stava affermando una nuova formula, nata in seguito al successo de La Carica dei 101 (1961) e caratterizzata da ambientazioni più contemporanee, trame più terra terra, una buona dose di humor e tanti simpatici animali nel ruolo di protagonisti.
Amici per Caso, Nemici per Sbaglio
Il film è ambientato nella Parigi di inizio secolo e narra la storia della gatta Duchessa e dei suoi tre cuccioli. La famigliola di felini viene nominata erede della fortuna della loro padrona, la cantante lirica Madame Adelaide de Bonfamille, con notevole sconforto del maggiordomo Edgar, il quale cercherà così di allontanarli da casa. La premessa è sicuramente più elaborata di quelli che saranno invece gli sviluppi della vicenda, che vede i gattini intraprendere un viaggio nelle campagne francesi per riuscire a tornare a casa, imbattendosi in personaggi sempre più bizzarri e in grado di dare vita a eccezionali siparietti. Questa struttura fortemente episodica, tipica del road movie, ricorda non poco il vagare di Mowgli in The Jungle Book (1967) e per certi versi potrebbe essere vista come indizio della volontà degli artisti di puntare sempre meno sulla trama e sempre più sui personaggi, cavallo di battaglia degli animatori.
Non c'è solo Il Libro della Giungla nel DNA narrativo degli Aristogatti, però. Il film è un frullato di ingredienti già sfruttati in precedenza: c'è un rapimento di animali come ne La Carica dei 101 e non manca la storia d'amore nata dall'incontro tra il mondo dei quartieri alti e quello dei randagi, tema portante di Lilli e il Vagabondo (1955). La love story tra Duchessa e il gatto di strada Thomas O'Malley (Romeo) regala al film una marcia in più, presentando quello che è senza dubbio il suo personaggio migliore. Il randagio irlandese si dimostrerà un fantastico istrione, il cui carisma verrà addirittura aumentato nella versione italiana, in cui sarà dotato della parlata romanesca di un bravissimo Renzo Montagnani. Romeo non è però l'unico personaggio memorabile di questa comicissima carrellata. Si ricordano a questo proposito le due oche inglesi in visita al loro zio ubriacone, la gang di gatti musicisti capitanata dal jazzista Scat Cat e persino la “pattuglia militare” formata dai due cani da pagliaio Napoleone e Lafayette, figure ironiche e demenziali. C'è spazio infine anche per lo storico doppiatore degli studios Sterling Holloway (Kaa, Winnie the Pooh), che interpreta qui il topo Groviera.
Un discorso a parte lo merita invece il maggiordomo Edgar, che ricopre il ruolo di villain della vicenda, senza però averne le caratteristiche. Sebbene le sue azioni vengano indiscutibilmente ritenute negative, il film si concede svariati momenti in cui spinge lo spettatore ad empatizzare con lui, collocandolo quindi in una “zona grigia”. Sin dall'inizio ci viene infatti presentato come una brava persona, che perde però la testa in seguito alla notizia che l'eredità della sua padrona passerà ai gatti ancor prima che a lui. Con una certa indulgenza registica lo vediamo sbagliare i calcoli, prendendo per vera la storiella delle nove vite dei gatti, e credendo così di non avere di fronte a sé un'aspettativa di vita sufficiente per poter ereditare. L'avidità di Edgar verrà chiaramente punita alla fine della vicenda, ma le numerose scene in cui seguiamo l'azione dal suo punto di vista, identificandoci con lui, e il fatto che sia diventato cattivo quasi per equivoco, spinge a ritenere questo personaggio un unicum nella storia dei villain disneyani.
L'Arte della Sporcizia
Nel 1970 ormai la tecnica Xerox è in uso da più di un decennio. Introdotto da Ub Iwerks al fine di fotocopiare direttamente sulle cel i disegni degli animatori, questo sistema aveva permesso allo studio di risparmiare sulle costosissime procedure di inchiostrazione, garantendo all'animazione disneyana un futuro. Lo stile xerografico, caratterizzato da numerose tracce di grafite e da uno tratto volutamente sporco, non è ormai più solo uno stratagemma per risparmiare, ma un modo per esprimere l'energia creativa racchiusa nelle matite degli animatori. In film come Gli Aristogatti o nel progetto Winnie the Pooh, le smatitate diventano parte integrante dello spettacolo, prevalendo nettamente sulle linee “pulite”. I fondali si adeguano a questa sporcizia artistica, proponendo vedute di Parigi tanto affascinanti quanto ricche di tratteggi. Il formato adottato da Gli Aristogatti è lo stesso della maggior parte dei film di quegli anni: un open matte, ovvero un film in 4:3, realizzato in modo da poter essere proiettato in 16:9 senza perdere porzioni fondamentali di disegno.
All'opera sulla pellicola troviamo alcuni dei più grandi artisti in forza agli studios. Sono presenti infatti i grandissimi Frank Thomas e Ollie Johnston, il primo dei quali figura anche fra gli scrittori della storia. Fra i nine old men coinvolti ritroviamo inoltre John Lounsbery e persino il grandissimo Milt Kahl, che in questi anni è a dir poco scatenato. Incredibile il suo lavoro sui personaggi umani, e in particolare sull'avvocato George Hautecourt, legale di casa Bonfamille, eccentrico e decrepito mattatore delle prime sequenze del film. Le rughe del suo volto sono descritte da un florilegio di dinamiche smatitate, che di frame in frame cambiano continuamente posizione, creando un effetto speciale involontariamente realistico. Infine Gli Aristogatti è l'ultimo lungometraggio animato del canone Disney in cui troviamo il contributo di Eric Larson come animatore. Da qui in poi questo membro dei nine old men si occuperà di far da mentore ai giovani artisti in arrivo allo studio, assicurando alla tradizione Disney un valido ricambio generazionale.
Sherman & Friends
Anche il comparto musicale de Gli Aristogatti si allinea perfettamente all'impostazione dei musical disneyani di quegli anni. A firmare le strumentali troviamo George Bruns, che dai tempi di Sleeping Beauty (1959) ormai ricopre questo ruolo in ogni film animato prodotto. Il suo stile è riconoscibilissimo dal grande uso che viene fatto dei corni, ma anche dalla presenza di alcuni giri di note ricorrenti in altre opere dello stesso autore. Alle canzoni invece troviamo i leggendari Fratelli Sherman, che in quegli anni si erano occupati della pressocché totalità delle colonne sonore disneyane, che si trattasse di animazione, live action o attrazioni per i parchi. Non tutti i brani però sono opera loro. Nei credits troviamo infatti canzoni firmate da Terry Gilkyson, Floyd Huddleston e Al Rinker, sintomo di una lavorazione piuttosto stratificata.
- The AristoCats - La canzone d'apertura è scritta dagli Sherman e accompagna i titoli di testa. Emerge la volontà di differenziare questi crediti dai modelli standard, dando loro un certo appeal, come avveniva del resto ne La Carica dei 101. L'affinità è però maggiore con il successivo Robin Hood (1973): vengono infatti anticipate alcune sequenze del film, presentandole però nella loro versione a matita. La canzone è veramente allegra e orecchiabile, con un interprete d'eccezione: il famosissimo cantante/attore francese Maurice Chevalier, già interprete in casa Disney de I Figli del Capitano Grant (In Search of the Castaways, 1962). L'artista all'epoca si era già ritirato, accettando di tornare in servizio solo per questa pellicola. Sarebbe morto solo due anni dopo.
- Scales and Arpeggios - La seconda canzone composta dai Fratelli Sherman ci mostra l'educazione dei gattini, impegnati nelle loro lezioni di musica. Per quanto paradossale, la sequenza riesce ad essere brillante senza cadere troppo nel surreale. È un brano melodico dal sapore leggermente infantile, ma ancora una volta orecchiabile ed efficace.
- Thomas O'Malley Cat - L'autore del pezzo è Terry Gilkyson, che nel film precedente ci aveva deliziati con The Bare Necessities, manifesto programmatico dello stile di vita di Baloo. Il pezzo è sicuramente affine al suo gemello nel presentarci la filosofia di vita adottata da Romeo. Si tratta di una sequenza musicale davvero spiritosa e ben riuscita, che consegna il gattone randagio nell'olimpo dei migliori personaggi Disney.
- Ev'rybody Wants to Be a Cat - Scritto da Floyd Huddleston e Al Rinker, questo festoso numero musicale è il cuore del film e ci presenta la band di Scat Cat, in cui troviamo felini di diverse nazionalità. Il gioco di parole del titolo si basa sul doppio senso di cat che in inglese significa “gatto” ma anche “appassionato di Jazz”. Si tratta di una sequenza veramente allegra e riuscita, in grado di descrivere alla perfezione l'incontro tra il mondo ovattato degli “aristogatti” e quello scanzonato dei bassifondi. Questa stessa canzone chiude il film con un esplosivo reprise, che coinvolge l'intero cast animale in uno svarione visivo completamente nonsense.
Un discorso a parte lo meritano le canzoni scritte dagli Sherman che non hanno trovato posto nel film. Pourquoi? e il suo reprise She Never Felt Alone avrebbero dovuto descrivere lo speciale legame tra Madame Adelaide e i suoi gatti. Nei credits del film viene stranamente elencato il secondo titolo, tuttavia ciò che è presente nella pellicola è soltanto un brevissimo monologo ritmato di Duchessa, ad esso ispirato.
La Crociera Cancellata
Gli Aristogatti non è certamente un film innovativo, anzi qua e là filtra un bel po' di manierismo, tuttavia lo storytelling fresco e scorrevole, tipico del migliore stile narrativo disneyano, rende l'esperienza gradevolissima. Con il suo ventesimo lungometraggio lo studio Disney dimostrò al mondo di potercela fare anche senza Walt, forti di un'eredità accumulata in quarant'anni di storia dell'animazione. Il film al botteghino fu un buon successo, considerato anche il suo budget non altissimo, ma la critica in patria lo accolse piuttosto tiepidamente. Stranamente anche la Company in futuro non dimostrò particolari entusiasmi per questo film, evitando di sovraesporlo. Si ricorda a questo proposito la moda dei cheapquel, i seguiti home video realizzati dai reparti televisivi, che colpì buona parte della filmografia disneyana, risparmiando proprio la vicenda di Duchessa.
I DisneyToon Studios misero in cantiere un The AristoCats 2 solo molto tempo dopo aver dato inizio al filone, preferendo dar la precedenza ai sequel di film assai più famosi. Protagonista della storia sarebbe dovuta essere la gattina Minou (Marie) coinvolta in una sorta di giallo, ambientato in una nave da crociera. Questa avventura però non vide mai la luce, dato che nel mezzo della lavorazione, la Disney Company subì uno scossone dirigenziale. Il nuovo capo creativo dello studio, John Lasseter, ritenne che la produzione di cheapquel andasse fermata, e così il film in questione venne cancellato. Altri sequel coevi che subirono il suo stesso destino furono Chicken Little 2 e Meet the Robinsons 2. A dispetto di questa cancellazione, il personaggio di Minou è però riuscito ad affermarsi in Giappone, diventando protagonista di una personale linea di merchandising.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: The AristoCats
- Anno: 1970
- Durata:
- Produzione: Winston Hibler, Wolfgang Reitherman
- Regia: Wolfgang Reitherman
- Storia: Ken Anderson, Larry Clemmons, Eric Cleworth, Vance Gerry, Julius Svendsen, Frank Thomas, Ralph Wright
Credits
Nome | Ruolo |
---|---|
Ken Anderson | Storia |
Larry Clemmons | Storia |
Eric Cleworth | Storia |
Vance Gerry | Storia |
Winston Hibler | Produttore |
Wolfgang Reitherman | Produttore; Regista |
Julius Svendsen | Storia |
Frank Thomas | Storia |
Ralph Wright | Storia |