Zio Paperone - La Prigioniera del Fosso dell'Agonia Bianca

Congedo d’Autore

Il 2006 è l'ultimo anno di lavoro per Don Rosa, che realizza la sua storia conclusiva. Don decide di mettere fine alla sua carriera per vari motivi. Il primo è artistico, in quanto ritiene di aver soddisfatto la sua voglia di raccontare e di omaggiare il lavoro di Barks. Il secondo è fisico: l’artista negli ultimi tempi soffre di distacco della retina e la sua vista è sempre più in pericolo, sforzata da anni di lavoro devastante. L'ultimo, e più importante, è squisitamente economico-commerciale: infastidito dal fatto che le sue storie vengano ripubblicate nel mondo senza riconoscergli i diritti e senza poter controllare l’effettiva qualità delle ristampe, Don Rosa decide di imporre il copyright sul suo nome e di non favorire più la multinazionale di Burbank.

Sebbene la scelta possa risultare bizzarra, specialmente in confronto alla linea di condotta di molti altri artisti disneyani, abituati ad un approccio più “artigianale” alla loro professione, Don Rosa in questo modo chiude i conti con la passione di una vita, uscendo di scena in qualità di Autore. Lascia dietro di sé una produzione compatta, non eccessivamente vasta, profondamente interconnessa e qualitativamente omogenea. Nessuna meraviglia che, dopo Barks e Gottfredson, diventi immediatamente il favorito a cui importanti case editrici come Fantagraphics e Panini decidono di dedicare addirittura un’opera omnia in eleganti volumi cartonati.

Il Mese Scomparso

L’ultima storia di Don Rosa è ancora una volta un’appendice alla Saga, e ci riporta nel mondo del Klondike a rivangare su quello che rimane uno dei punti cardine della narrativa dell’autore: il rapporto con Doretta Doremì. Don è da sempre stato un fan delle narrazioni pulite e ordinate, e non ha mai mandato del tutto giù l’idea di aver realizzato la Saga girando attorno agli eventi riguardanti la scintillante Goldie. Questo si riflette nelle numerose storie al presente, piene di riferimenti al grande rimpianto di Paperone, un po’ come se l’autore stesso ne avvertisse il vuoto. E a ben vedere, l’affare Doretta ad oggi risulta effettivamente un po’ pasticciato e non c’è infatti modo di riordinarne i dettagli se non attraverso un complesso puzzle dai tasselli difformi.

Il cuore della vicenda era infatti stato già narrato nel bellissimo flashback della barksiana Stella del Polo, mentre i suoi prodromi erano stato inseriti solo di striscio nell’ottavo capitolo della Saga. L’appendice Cuori nello Yukon aveva costituito un’aggiunta eccellente, mentre l’addio al Klondike era stato mostrato nei flashback dell’Ultima Slitta per Dawson. Mancava però la parte centrale, il mese di “prigionia amorosa” su cui sia Barks, sia Rosa, erano stati reticenti. Una scelta poetica, elegante, ma ormai non più in linea con la sensibilità donrosiana, che negli ultimi anni di carriera era arrivato a togliere ogni velo alla mitologia di Paperopoli, svelando ogni retroscena. Non stupisce quindi che l’ultima pennellata del suo affresco narrativo sia andata a coprire proprio il fulcro del disegno, l’unica porzione rimasta vuota.

Amplessi Disney

L’ultima appendice alla Saga segue lo schema delle precedenti, con una cornice al presente e i paperi davanti al classico baule dei ricordi. Questa volta però la narrazione è troppo intima perché Paperone ne sveli i dettagli ai nipoti, e il ricordo avviene interamente all’interno della sua mente. Dopo aver ripercorso nel dettaglio i punti salienti del flashback della Stella del Polo, ridisegnati da Rosa cercando di imitare Barks, veniamo catapultati nei giorni dell’Agonia Bianca, con Paperone e Doretta intenti a punzecchiarsi e a fregarsi l’un l’altro. Don Rosa ci svela che a impedire la fuga di Doretta era il desiderio di impadronirsi nuovamente della pepita, e ci fa assaporare le asprezze quotidiane della vita del cercatore, creando numerose gag in cui si prende gioco del temperamento viziato della soubrette.

Don Rosa tira fuori il suo consueto arsenale di personaggi storici, leggende del west ormai sbiadite e se ne prende gioco, mandandoli in missione per salvare la prigioniera. Paperone quindi si ritrova a dover fronteggiare Wyatt Earp, Bat Masterson, il giudice Roy Bean e due banditi del Mucchio Selvaggio, ma soprattutto il turbolento e contraddittorio rapporto con Doretta, cercando di ricollegarsi nel modo più naturale possibile alla scena delle monetine tirate in faccia, che conclude il mese di prigionia. E in questa serie di battibecchi, baci a tradimento, sguardi languidi, frecciatine e indecisioni sentimentali, riesce a inserire alcune battute al limite del politically correct, e a suggerire addirittura - caso unico nella storia del fumetto Disney - la consumazione di un rapporto sessuale.

Sipario!

La storia, come sempre si incastra in modo congruente all’interno del mosaico che Don Rosa costruisce, tuttavia la stanchezza di un autore giunto alla fine della sua parabola artistica si avverte. Come si è visto, la rigidità del tratto e la pesantezza della china toglie molta freschezza alle figure (grazie femminili incluse!), e lo stesso accade anche sul fronte narrativo, in cui qualche passaggio scricchiola: Paperone e Doretta sono divertenti ma privi delle pennellate geniali viste in storie precedenti, la presenza di un così grande numero di vip del passato risulta ridondante e in generale difficilmente il purista barksiano perdonerà il desiderio di Don Rosa di essersi spinto fino a questo punto.

La storia suggerisce che il ricciolo di Doretta, che Paperone conserva ancora oggi nel baule, sia forse il suo tesoro più grande, sottolineando l’idea di Rosa secondo cui il rimpianto del passato sia la chiave per comprendere la psicologia di Paperone. Un'idea senz'altro affascinante ma che, alla lunga, finisce per ingabbiare sia il personaggio, sia l’autore. Infatti la produzione dell’artista del Kentucky si ferma dopo questa storia, portata a termine con la vaga consapevolezza di aver raggiunto un traguardo. Certo, il finale più giusto sarebbe stato Una Lettera da Casa, in cui ogni aspetto della narrativa donrosiana trovava risoluzione, e il passato suggeriva al presente di puntare verso un futuro sereno e ricco di sfide. In ogni caso, queste tematiche hanno fatto del Paperone donrosiano un personaggio di statura davvero immensa, unico nel panorama disneyano, e dal potenziale narrativo eccezionale.

L’Eredità di Don Rosa

Molto si è detto dell’opera di Don Rosa, e spesso se n’è parlato male, come del delirio di un autore colpevole di un grave atto di hybris nei confronti dell’idolo che diceva di voler imitare. Sarebbe inutile negare quanto il corpus donrosiano nella sua totalità risenta di un mindset spesso rigido e fondamentalmente disallineato col sentire della maggior parte dei colleghi. Ed è palese che questo suo approccio individualista e anarchico possa esser stato “sofferto” da altri fumettisti, chiamati a dover prendere posizione su quello che a conti fatti si è imposto come un canone narrativo, amatissimo dai lettori. Eppure è proprio da questa forma mentis razionale, ordinata e ai limiti della mania, che sono scaturiti i ragionamenti “giusti” in grado di dare forza alla sua opera.

La sua visione dei paperi come esseri umani gli ha permesso di prenderli sempre sul serio, evitando di renderli delle macchiette e facendoli percepire diversamente al pubblico. La sua passione sfrenata per la storia e la sua maniacale applicazione delle leggi della fisica l’hanno portato a creare storie spettacolari, solide, e con una propria ragion d’essere, in grado quindi di stare in piedi da sole. Il suo chiodo fisso per la continuity l’ha portato a dare sempre un certo peso ai fatti narrati, suggerendo al lettore che quanto raccontato era importante e degno di essere tenuto a mente. Per colpa o per merito di questo suo personale approccio, Don Rosa è venuto inconsapevolmente incontro ad una generazione di lettori che non aspettavano altro che di farsi fidelizzare, prolungando la loro storia d’amore con i paperi disneyani. Se fosse possibile ottenere risultati analoghi partendo da un’ideologia diversa e magari maggiormente congrua con la sensibilità disneyana non è dato saperlo. Quel che è certo è che Don Rosa ci ha mostrato una via, ora sta agli artisti del futuro capire cosa prendere e cosa rifiutare del suo pesante bagaglio, per riuscire a superarne i risultati.

di Amedeo Badini Confalonieri - Il fumetto è sempre stato la sua grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico gli ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il suo primo campo, ma non disdegna sortite e passeggiate in territori vicini. Scrive di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per il Papersera.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Uncle Scrooge - The Prisoner Of White Agony Creek
  • Anno: 2006
  • Durata:
  • Storia:
Nome Ruolo
Don Rosa Disegni; Storia