Winston

Un Pasto al Giorno

Nel 2014 il nuovo “short program” che John Lasseter ha indetto ai Walt Disney Animation Studios è ormai da considerarsi ben avviato. I forti consensi ricevuti da The Ballad of Nessie (2011), Paperman (2012) e Get a Horse! (2013), tutti usciti in abbinamento ai nuovi lungometraggi dello studio, stanno dimostrando che questo formato è ancora vivo ed è tornato ad essere lo spazio ideale per sperimentare con l'arte dell'animazione, esattamente come si faceva negli anni 30 nelle Silly Symphony. La regola imposta da Lasseter è che qualsiasi dipendente dello studio possa proporre le sue idee, ma che queste debbano per forza essere presentate a gruppi di tre.

Ad essere approvata nell'ottobre del 2013 è un'idea di Patrick Osborne, uno dei direttori dell'animazione di Big Hero 6 (2014), il quale nel corso dell'anno precedente aveva filmato una per una ogni sua cena, montandole in rapida sequenza grazie ad una app chiamata 1secondeveryday. Secondo Osborne sarebbe stato interessante provare a fare lo stesso con i pasti di un cagnolino, raccontando attraverso di essi la storia d'amore vissuta dal suo padrone. L'idea era bizzarra, ma intelligente e ricca di potenziale, per cui il cortometraggio venne approvato e realizzato in appena otto mesi, giusto in tempo per essere presentato al festival di Annecy.

Winston e James

Il protagonista di Feast è Winston, un tenero Boston Terrier che viene adottato in tenera età dal suo nuovo padrone James. La scelta di questa razza canina in particolare è stata determinata da tre fattori: innanzitutto i Boston Terrier non erano mai stati utilizzati in precedenti produzioni Disney, in secondo luogo un cane di piccola taglia poteva essere collocato nei diversi scenari con una certa libertà, e infine il suo manto bianco e nero risaltava molto bene sugli sfondi a colorazione piatta del cortometraggio. La scelta si rivela azzeccata e il piccolo Winston sin dai primi momenti riesce immediatamente a stabilire un collegamento emotivo con lo spettatore, che ne seguirà la vicenda, passando attraverso le diverse fasi della vita di James.

Ben presto Winston si adegua infatti alle abitudini alimentari del suo padrone rimpinzandosi con lui di junk food, fino all'incontro con la cameriera di un ristorante dallo stile di vita ben più sano, che farà scomparire dalla sua ciotola hamburger e patatine, per rimpiazzarli con foglioline di prezzemolo. Per tutta la durata dello short vedremo il cagnolino subire passivamente ogni cambiamento intorno a lui, beneficiando talvolta degli sbalzi d'umore di James, dovuti ai suoi problemi di cuore. Questa meravigliosa altalena alimentare trova compimento nel bellissimo finale, in cui Winston prende in mano la situazione e attraverso una simbolica foglia di prezzemolo riesce a riunire la coppia. Spinto dalla sua istintiva lealtà, il cagnetto accetta così di tornare ad una routine alimentare più regolare, dalla quale viene distolto solo dopo la nascita dei pargoli di James. Feast è dunque una storia più profonda di quanto sembrerebbe in apparenza, capace di parlare della vita stessa, partendo da un elemento apparentemente poco considerato come il cibo.

Concept Art in Movimento

Nel 2012 l'uscita dello straordinario Paperman e l'arrivo del rivoluzionario software Meander aveva spalancato una finestra su un futuro intrigante, in cui animazione tradizionale e computer grafica si sarebbero fusi insieme per dare vita ad una tecnica ibrida che prendesse il meglio da entrambe. Meander permetteva agli animatori di disegnare direttamente sopra ai modelli in CGI, facendoli letteralmente reagire alle linee tracciate dalla matita/scalpello, a cui si aggiungeva un sistema di intercalazione automatica. Il risultato erano stati dei “disegni volumetrici” di qualità nettamente superiore al comune cel-shading, in uso nei videogiochi. Un impiego di questo sistema nei lungometraggi è ancora distante, un po' per diffidenza da parte della dirigenza, un po' perché sono necessari ulteriori test per svilupparlo e renderlo funzionale. Feast rappresenta però una tappa importantissima in questo percorso sperimentale, perché reinterpreta gli stessi principi che erano alla base di Meander, portandoli in una direzione ancora differente.

Pur partendo dallo stesso procedimento utilizzato nel 2012, che vede la rifinitura dei modelli in CGI per mano dei disegnatori dello studio, a dare bidimensionalità ai personaggi e agli ambienti questa volta non è la linea, cavallo di battaglia di Paperman, bensì il colore. Assente nel precedente cortometraggio, il colore è qui il vero grande protagonista, avvolgendo con le sue chiazze a tinta piatta personaggi e ambienti, che vengono così definiti in modo astratto. Le texture volutamente irregolari di ogni elemento presente sullo schermo non fanno che aumentare la resa “cartacea” delle immagini, mentre il pulviscolo fluttuante sulla scena spezza volutamente tale illusione, ricordandoci che si tratta pur sempre di set tridimensionali. L'effetto finale è quello dei concept art in movimento, in grado di comunicare emozioni molto forti come negli anni 40 riuscivano a fare i quadretti a tinte piatte di Mary Blair.

Un Futuro a Tinte Piatte

La tenera storia di Winston è arrivata nelle sale cinematografiche abbinata a Big Hero 6, il 54° lungometraggio del canone WDAS, ricevendo consensi unanimi. Straordinario sia nel comparto grafico, sia in quello narrativo, Feast è un cortometraggio brillante e raffinato, che dimostra tutta la bravura degli autori, che per ben sei minuti sono riusciti a declinare in modi sempre diversi un'idea tanto minimalista. Lo staff dei WDAS rivela ancora una volta una sensibilità artistica fuori dal comune, che li avvicina ai maestri del passato. Impossibile infatti non ricordare Lilli e il Vagabondo (1955) che con ironia e poesia aveva fornito un punto di vista canino sulla quotidianità umana, adattando regia e formato della pellicola all'orizzontalità di un mondo visto dal basso.

Sebbene il suo apporto alla battaglia combattuta dagli artisti per riportare sulla scena l'animazione 2D possa sembrare minore rispetto a Paperman, non bisogna certo dimenticare che a venir rimpianta dal pubblico e inseguita dagli stessi studios era proprio quella filosofia visiva, capace di comunicare sensazioni fortissime anche attraverso l'utilizzo del colore. Lo short program di Lasseter si è rivelato ancora una volta una sorta di rifugio, un laboratorio in cui portare avanti l'arte dell'animazione senza dover per forza subire pressioni dall'alto che portano alla realizzazione di sequel o a lavorare con una tecnica piuttosto che un'altra. Se tale approccio all'animazione riuscirà ad uscire da questo ghetto artistico solo il tempo lo dirà, ma per adesso non c'è niente di certo. Le speranze di tutti sono chiaramente rivolte a Moana (2016), il lungometraggio di Musker e Clements che si spera possa ereditare qualcosa dalla rivoluzione iniziata con Meander.

Nota: Patrick Osborne alla View Conference di Torino ha donato a questo sito un simpatico bozzetto che mostra l'aspetto che aveva Winston nelle prime fasi di lavorazione di Feast. Eccolo qui.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Feast
  • Anno: 2014
  • Durata:
  • Produzione: John Lasseter, Kristina Reed
  • Regia: Patrick Osborne
Nome Ruolo
John Lasseter Produttore
Patrick Osborne Regista
Kristina Reed Produttore