Topolino e la Cassetta Elettronica
Tip Senza Tap
Dopo la grande avventura ambientata nella Germania nazista, l’apporto di Bill Walsh alla striscia di Topolino si fa ancor più personale. Il debito nei confronti delle grandi storie d’avventura con Topolino arruolato nell’esercito o nei servizi segreti è stato ripagato, e così la cifra stilistica walshiana può esplodere in tutta la sua anarchica follia. Come si è visto, Gottfredson in questo periodo elimina uno dei due nipotini di Topolino: rimane in scena Tip (Morty), che per l’occasione viene trasformato in un ragazzino appassionato di tecnologia, e dotato di un berrettino a coroncina come quello dei meccanici.
Il nuovo Tip appare qui per la prima volta, e diventa la chiave d’accensione di una trama un po’ pretestuosa. Dopo aver decantato il potere degli “elettroni” attraverso una lezione alla lavagna che ricorda molto l’animazione a sfondo didattico che lo studio Disney sta iniziando a produrre in questi anni, Topolino costruisce per lui una “cassetta elettronica” giocattolo, che inaspettatamente inizia a funzionare, causando bizzarrie di ogni tipo nell’ambiente circostante.
La Fiera del Bizzarro
Dei tre mesi in cui la striscia si dipana, due vengono impiegati per mostrare gag e follie di ogni tipo, che vengono regolarmente ricondotte alla miracolosa cassetta dei miracoli. Walsh non si pone alcun limite: muri che svaniscono, la Casa Bianca che appare nel cortile di Topolino, Clarabella che cambia fisionomia, Topolino che si ritrova barbuto all’improvviso, sembra di star assaggiando con quattro anni di anticipo l’umorismo del ciclo di Eta Beta. E come spesso accade nella produzione dell’autore, tutta questa creatività prevale sulla coerenza narrativa: di striscia in striscia cambia la natura dei poteri della macchina, ma cambia anche il grado di controllo che Topolino ha sul miracolo, il suo atteggiamento nei confronti di quello che ha costruito, la reazione dei comprimari. L’impressione è che l’autore si stia divertendo, piegando il contesto all’effetto comico che giorno dopo giorno si vuole ottenere.
Sono lontani i tempi in cui episodi inverosimili avevano una spiegazione razionale, come ad esempio La Casa dei Fantasmi. Qui la follia viene raccontata con un tale virtuosismo che il lettore stesso tende a non porsi il problema della sua veridicità, anche perché nessun tema è trascinato troppo a lungo. La macchina elettronica ad un certo punto crea delle piccole parentesi narrative quasi autonome, legate ai vari incidenti, e le chiude come se niente fosse. Prendiamo ad esempio Buster, il batterio ingigantito: quello che un tempo sarebbe potuto essere il soggetto di un lungo arco narrativo con le marachelle dell’animale di turno, viene invece congedato da Walsh nel giro di un paio di settimane, tra gag geniali e dosate con un ritmo mai stancante. Lo stesso si può dire dell’antenato di Topolino, padre fondatore che viene trascinato nel presente e va a caccia di bufali, senza farsi travolgere dalla modernità.
Horror!
Gottfredson stesso sembra farsi ispirare non poco dalla nuova divertente situazione e mette in scena un buon Topolino, flessuoso e dinamico, e un Pluto assolutamente degno del grande schermo, di cui entriamo addirittura “nel privato”, incarnato dalla cagnolina Fifì. L’attenzione a quanto prodotto in animazione non abbandona mai la striscia, e anche qui molti personaggi costituiscono vere e proprie citazioni grafiche a personaggi di Silly Symphony quali Flowers and Trees, The Flying Mouse e Woodland Café. Un discorso a parte lo merita il villain, il misterioso Dottor Grut, che graficamente è qualcosa di completamente nuovo, benché il suo covo rievochi tutti gli stereotipi del cinema horror mescolati con l’alchimia e la fantascienza, esattamente come avveniva in The Mad Doctor. Walsh lo fa entrare in scena solo a due terzi della vicenda, quando sente che è il momento di innescare il climax conclusivo.
Si tratta del primo di una lunga serie di cattivi walshiani piuttosto riusciti. Sebbene di lui non si sappia nulla, a Gottfredson bastano pochi dettagli per definirlo: massa voluminosa, barba folta, occhi rotondi spiritati, un pipistrello da compagnia. A spiccare sono però i suoi “aberzombie”, persone cui la facoltà di pensiero è stata eliminata: inquietanti con i loro bulbi oculari bianchi, senza pupille, incapaci di intendere e di volere. Il nome vagamente germanico rimanda ai tedeschi e alla loro attuale incapacità di pensare correttamente e, in senso traslato, al pericolo di non poter pensare con la propria testa. La “redenzione” di Gut e l’impiego del suo genio al servizio del governo sembra profetizzare il futuro inserimento di scienziati tedeschi nelle fila americane. Nella striscia finale Topolino affida la macchinetta nelle mani di una schiera di patriottici professori, e Gottfredson li disegna tutti in mutande, vittime dell’ennesimo effetto collaterale del raggio. La scena verrà tuttavia censurata e gli scienziati rivestiti, almeno fino a quando in epoca moderna l’artista Henrieke Goorhuis ridisegnerà la gag per l’integrale Fantagraphics, riportando alla luce le intenzioni originarie di Floyd.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
di Amedeo Badini Confalonieri - Il fumetto è sempre stato la sua grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico gli ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il suo primo campo, ma non disdegna sortite e passeggiate in territori vicini. Scrive di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per il Papersera.
Scheda tecnica
- Titolo originale: Mickey Mouse and The 'Lectro Box
- Anno: 1943
- Durata:
- Storia: Bill Walsh
Credits
Nome | Ruolo |
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Floyd Gottfredson | Disegni |
Bill Walsh | Storia |