Topolino nel Paese dei Califfi
I Contatti di Topolino
Dopo la parentesi urbana di Topolino e l’Elefante, Gottfredson torna al genere avventuroso. Anno dopo anno il suo stile grafico/narrativo e il cast di personaggi che orbitano attorno a Topolino si arricchiscono sempre più, e Floyd si trova a fare un gran lavoro per razionalizzarne i ruoli. Topolino nel Paese dei Califfi è un grande esempio di questo: vede il ritorno del Capitano Radimare (Churchmouse) come chiave d’accensione della vicenda, dopo la sua introduzione nell’arco dei Pirati, mentre a dar supporto logistico, mettendo a disposizione un dirigibile è il Capitano Setter (Doberman), alla sua terza apparizione. Le avventure per mare e nei cieli vissute fino ad ora mantengono intatto il loro peso narrativo, e Topolino si ritrova ad avere quindi un giro di contatti sempre più grande e addirittura realistico.
Lo stesso vale per i personaggi a lui più vicini, come Pippo e Minni, qui nel ruolo di compagni di avventura. Minni viene coinvolta in un ruolo attivo da parte di Topolino che la “invita” perché tanto sa già che lei verrebbe comunque, forse una delle prime volte in cui un personaggio Disney dimostra di essere conscio di un cliché che lo riguarda. Pippo invece si intrufola non invitato, e partecipa quindi ad una delle sue prime avventure fuoriporta con Mickey, interpretando però nuovamente il ruolo dello stolto disturbatore. Sarà solo questione di tempo prima che Gottfredson lo promuova definitivamente al rango di figura benvoluta e migliore amico di Topolino, degradando brutalmente il povero Orazio.
Esotico Oriente
Topolino torna a viaggiare, ma il setting è nuovo di zecca: non il solito west americano o un’anonima isoletta tropicale, bensì un inedito paese orientale, che ammicca ai territori arabi ma con numerosi influssi esterni. L’Ombrellistan, con capitale Stamboul, è un coacervo di luoghi comuni arabeggianti del tutto improponibile oggi, tra accenti francesi, bazar omnicomprensivi e funzionari pubblici zelanti ma di scarsa integrità. Siamo nel 1934 e le sensibilità sono ovviamente differenti rispetto al periodo attuale, quindi non stupisce che la popolazione indigena mantenga fattezze scimmiesche e che vengano sottolineati i pericoli del mettersi in affari con questi popoli, come impara a sue spese il Capitano Radimare.
La storia in compenso è una vera e propria corsa a ritmo sostenuto. Nei tre mesi in cui si dipana la vicenda, vediamo Topolino correre da uno scenario all’altro in compagnia di Minni e Pippo per portare a destinazione un prezioso gioiello. Al netto dei soliti stereotipi sorpassati, sono numerose le sequenze memorabili: quella in cui Topolino lotta contro un’ottusa burocrazia, lo scontro nel palazzo tra porte segrete e imprevedibili tranelli e addirittura una corsa a perdifiato nel deserto, a bordo di un cammello che si ubriaca… con l’acqua. Inoltre, nel finale ritorna il montaggio incrociato spesso usato da Gottfredson, che questa volta mostra la corsa contro il tempo per salvare Radimare dalla condanna a morte emessa dai suoi delusi committenti.
Topolino in Arabia
Importantissimo inoltre è il collegamento con la produzione disneyana animata. Se in passato Gottfredson mutuava singoli elementi, vaghe idee o il character design di qualche personaggio dai corti di Topolino, qui si tratta di una vera e propria razzia. Dal corto di due anni prima, Mickey in Arabia (1932) derivano modelli, personaggi e addirittura - caso raro - l’aspetto preciso di alcuni ambienti. Ma non ci si limita a quello, dal momento che dato il suo passato di proiezionista Floyd aveva già avuto modo di vedere e assorbire elementi dal corto di Oswald Harem Scarem (1928) o dallo stesso Gallopin Gaucho (1928) in cui appariva uno struzzo ubriaco.
Infine una nota per quanto riguarda i lestofanti mascherati che danno il via alla storia. I villain in questione sono ancora una volta Pietro e Lupo: dopo il restyling del principale nemico di Topolino, questa è la prima volta in cui lo si rivede in compagnia dell’azzeccagarbugli disneyano, il cui ruolo originale è ormai dimenticato. Divenuto del tutto intercambiabile con il suo socio, dopo questa storia Lupo sparirà, lasciando campo libero a Pietro, e ad altre stelle nascenti come Eli Squick, per riaffacciarsi solo molti anni dopo in Topolino e il Boscaiolo (1941). Dopo quell’ultima apparizione nelle strisce di Topolino, Silvestro Lupo uscirà definitivamente di scena, lasciando vacante il suo posto di mellifluo avversario di Topolino.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
di Amedeo Badini Confalonieri - Il fumetto è sempre stato la sua grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico gli ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il suo primo campo, ma non disdegna sortite e passeggiate in territori vicini. Scrive di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per il Papersera.
Scheda tecnica
- Titolo originale: The Sacred Jewel
- Anno: 1934
- Durata:
- Storia: Floyd Gottfredson, Ted Osborne
Credits
Nome | Ruolo |
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Floyd Gottfredson | Disegni; Storia |
Ted Osborne | Storia |