Once Upon a Studio

Il Crossover Perfetto

Nel 2023 viene festeggiato il centenario disneyano, un traguardo importantissimo non solo per la Company ma soprattutto per quella divisione che dopo tanto tempo ne costituisce ancora il cuore pulsante: i Walt Disney Animation Studios. Molti sono gli artisti al suo interno che hanno ben chiara l’importanza storica e artistica dello studio per cui lavorano, persone appassionate per le quali questo centenario non è soltanto un vuoto festeggiamento ma un evento irripetibile per la storia dell’entertainment. Fra questi spiccano Trent Correy e Dan Abraham, due nomi che nell’ultimo periodo hanno lavorato come animatori e story artist di un buon numero di lungometraggi, nonché registi di svariati corti apparsi sulla piattaforma Disney+. In molti di questi lavori emergeva una spiccata sensibilità “filologica”, un certo gusto per la rievocazione del passato dello studio. Basti pensare ad alcuni sketch legati al progetto At Home with Olaf: quello di Correy era l’unico in 2D, mentre sotto la regia di Abraham si era avuto I’m with You, un delicato omaggio alla legacy disneyana.

Non stupisce dunque che sia partita da loro l’idea di Once Upon a Studio, proposta accolta con un certo entusiasmo dalla stessa Jennifer Lee: un corto che si ripropone di riunire insieme oltre cinquecento personaggi, pescati a piene mani dall’intera storia dei WDAS, per una significativa quanto improbabile foto di gruppo commemorativa. Non che l’idea del crossover disneyano fosse davvero nuova in sé: nel corso dei decenni sono stati innumerevoli i tentativi di mescolare insieme personaggi provenienti da epoche e ambiti narrativi ben distinti, nei fumetti come nell’animazione televisiva. L’effetto era stato per ovvie ragioni spesso di gusto dubbio, e nella maggior parte dei casi privo di una giustificazione in grado di rendere credibili gli accostamenti. Il colpo di genio però stavolta sarebbe stato puntare tutto sulla metanarrazione. Correy e Abraham scelgono infatti di mettere al centro di tutto… lo studio stesso, ambientando il corto letteralmente all’interno del Roy E. Disney Animation Building, sede principale dei WDAS, e unico luogo in grado di reggere su di sé il peso della più grande reunion di tutti i tempi.

Interazioni Calcolate

Il punto di partenza di Once Upon a Studio è… la realtà. Il corto si apre infatti con una sequenza live action: nella sera del 16 ottobre 2023, una stagista torna a casa da lavoro insieme alla Disney Legend Burny Mattinson. La riflessione a voce alta di quest’ultimo, “se queste mura potessero parlare” , non prelude soltanto alla fantasmagoria imminente, ma ha un significato particolare, se si pensa che a pronunciarla è un artista attivo allo studio da ben 70 anni. Regista di Basil e Mickey’s Christmas Carol, e principale story artist in Winnie the Pooh e in un gran numero di blasonate pellicole, Mattinson è probabilmente la persona che ha attraversato il maggior numero di epoche e fasi artistiche dello studio, sin dai primi anni 50. Si tratta del suo ultimo contributo prima della scomparsa, avvenuta poco tempo dopo, e non è un caso che sia proprio a lui che il corto è dedicato. La filosofia alla base di Once Upon a Studio è infatti quella di individuare e rendere ben evidente il filo rosso che lega insieme cento anni di storia dell’animazione, riconducendo ad uno stesso percorso artistico ogni diversa declinazione dello stile Disney.

Una volta usciti di scena gli artisti, infatti, i locali dello studio vengono inondati da un fiume di personaggi, che si sprigionano come per magia da fogli da disegno, schermi e cel appese alle pareti, in attesa di farsi immortalare da Pippo nella foto del centenario. A coordinarli sono Topolino e Minni, usciti a loro volta da un fotogramma di Mickey’s Birthday Party (1942), mentre nelle scene di folla è possibile scorgere personaggi tratti da ogni singolo lungometraggio mai prodotto dallo studio, oltre che da un buon numero di corti e film a scrittura mista. Brillante, visionario e dal ritmo trascinante, Once Upon a Studio nei suoi otto minuti riesce a presentare un gran numero di gag basate su interazioni improbabili, messe in scena in modo davvero ricercato. Più che ad un semplice cameo-fest siamo di fronte a un affresco artistico omogeneo e coerente. Ogni gruppo di personaggi che appare a schermo è studiato per creare tra i suoi componenti una sorta di bilanciamento tra opposti: l’antico si mescola col moderno, il noto con il meno noto, il disegno a mano con la CGI e così via. Ogni percentuale è ben calcolata in modo da giocare con le percezioni dello spettatore, trascinato in un continuo andirivieni dentro e fuori dalla sua culturale zona di comfort.

Rievocazioni Grafiche

La scelta di rimettere in scena un così grande pantheon di personaggi, molti dei quali utilizzati soltanto una volta, aveva implicazioni non banali. Non bastava darne una rappresentazione vaga e approssimativa come se si trattasse di comune iconografia da merchandising, ognuno di questi andava a tutti gli effetti “ricostruito” nel look e nella recitazione, come se fosse effettivamente appena uscito dalla sua pellicola d’origine. A coordinare il lavoro sul cast in CGI troviamo Andrew Feliciano, animatore supervisore delle ultime pellicole realizzate in digitale. In quel caso i personaggi erano tutti più o meno pronti e a disposizione, inclusa la new entry Asha, la cui presenza anticipa di qualche settimana l’uscita di Wish. Per i film precedenti a Tangled (2010) è stato tuttavia necessario rimodellare i personaggi e adeguarli al nuovo standard produttivo. La CGI è stata inoltre utilizzata per camuffare e integrare meglio gli elementi live action presenti nell’hat building. Il lavoro fatto dai direttori artistici Ryan Lang e Paul Felix per dare consistenza agli ambienti è un successo: lo studio appare fedele a come è nella realtà, e non si riesce a porre una linea netta tra ciò che è reale e ciò che è animato.

Per quanto riguarda il 2d, tecnica andata incontro a tristi vicissitudini all’inizio del nuovo secolo, è stato necessario “reinventarlo”. I personaggi andavano ricreati da zero, affidandosi un po’ allo studio delle fonti e un po’ alla memoria muscolare degli animatori disponibili. A guidare il team non poteva che essere Eric Goldberg, affiancato da Mark Henn e Randy Haycock, da sempre in prima linea nella tutela di questa forma d’arte. Con loro un gruppo di giovani talenti emergenti, i primi addestrati ai WDAS specificatamente per questo tipo di animazione, dopo gli anni della crisi del 2d. Inoltre, cosa straordinaria, cinque veterani da tempo fuoriusciti sono tornati allo studio per l’occasione: James Baxter, Ruben Aquino, Tom Bancroft, Nik Ranieri e Will Finn. Ogni casistica ha richiesto un diverso tipo di ragionamento: quando possibile si è cercato di restituire il personaggio al suo animatore originale, in altri casi si è scelto di andare per analogia di stile (i personaggi di Kimball a Goldberg, quelli femminili a Henn e così via), le virtuose apparizioni di Bambi e Peter Pan infine sono state personalmente richieste da Baxter. Qua e là qualche cambio di mano si sente, specialmente nelle figure umane più antiche, ma in generale la mimesi funziona: Topolino, Paperino, persino Paperone e Winnie the Pooh appaiono in splendida forma, riportati in vita da una matita che sembra averli profondamente capiti.

Suoni dal Passato

Un tipo di lavoro molto simile a quanto fatto in animazione, è stato necessario per il cast vocale. Anche in questo caso i personaggi dovevano risultare fedeli all’originale, motivo per cui qualsiasi interprete ancora in vita è stato richiamato in servizio, fosse anche soltanto per una battuta. In altri casi si è andati direttamente alla fonte, riutilizzando materiale di repertorio come tormentoni e frasi famose da posizionare in nuovi contesti. Curioso il caso di Alan Tudyk, che da molti anni fa almeno un cameo vocale in ogni film WDAS, e che sceglie di risalire l’albero genealogico di un suo vecchio personaggio, Re Candito, per doppiare proprio quel Cappellaio Matto (Ed Wynn) che a suo tempo lo ispirò. Impossibile, inoltre, non citare il contributo postumo di Robin Williams come voce del Genio, che vediamo interagire con Olaf. Per riuscire a ottenere il suo ritorno in grande stile (per giunta animato proprio da Goldberg) è stato chiesto il permesso alla famiglia Williams di usare una battuta a suo tempo scartata.

La musica di Once Upon a Studio è invece opera dell’arrangiatore Dave Metzger. Data la natura del corto, si tratta perlopiù di temi già sentiti, che commentano il passaggio sullo schermo di questo o quel personaggio. Metzger riesce a collegare molto bene i diversi cenni musicali, costruendo ponti armoniosi e naturali, che culminano in una splendida esecuzione collettiva di When You Wish Upon a Star, un momento delicato e allo stesso tempo solenne. I personaggi ne cantano una strofa a testa mentre si preparano alla foto, per poi lasciare il posto ad una versione strumentale di Steamboat Bill che accompagnerà i titoli di coda. Tuttavia, il tocco di classe della partitura sono le note di Feed the Birds nella scena di Topolino al cospetto del quadro di Walt. Una scelta commovente e significativa, specie se si pensa che era la sua canzone prediletta, e che ad eseguirla è proprio Richard Sherman. Registrato nell’agosto 2022 nell’originale ufficio di Disney, allo stesso pianoforte su cui i fratelli Sherman usavano suonare per lui, questo ritornello rappresenta l’ultimo contributo dei “ragazzi” alla storia disneyana. Richard, come Burny Mattinson, sarebbe scomparso pochi mesi dopo l’uscita del cortometraggio.

Marketing Inconsapevole

Once Upon a Studio viene presentato tra gli applausi generali al Festival di Annecy nel giugno 2023. Raggiunge poi la tv pubblica il 15 ottobre, alla vigilia del centenario, collocato all’interno di un programma televisivo per la ABC. Il giorno successivo approda finalmente su Disney+, in tempo per i festeggiamenti, e da lì inizia ufficialmente il suo viaggio nell’immaginario collettivo. Nelle sale americane verrà proiettato in abbinamento ad una riedizione di Moana, mentre in Giappone troverà in Wish il suo logico complemento. Come due facce di una stessa medaglia, Wish e Once Upon a Studio rimarranno legati anche in occasione dell’uscita su supporto, ma per allora il corto sarà stato pubblicamente diffuso attraverso i canali YouTube ufficiali di Disney e donato al mondo. La strategia funziona e l’opera di Correy e Abraham si rivela a dir poco magnetica: il pubblico si diverte a riconoscere ogni cameo, e rimane affascinato dalla visione d’insieme che viene veicolata. La foto di gruppo con centinaia di personaggi diventa una litografia da collezione e rappresenta una delle elaborazioni artistiche più complesse e stratificate di sempre. Dopo mesi dall’uscita, i profili social dei registi continueranno a mostrare storyboard e sequenze ipotetiche mai entrate in produzione, portandoci a fantasticare sui numerosi scenari che si sarebbero potuti spalancare per un’idea tanto fertile.

Once Upon a Studio rappresenta un piacevole momento di tregua nell’uragano di negatività che ha funestato la festa del centenario della Company, una benefica distrazione dalle polemiche legate al traumatico cambio al vertice e ai ben noti problemi attraversati a partire dalla pandemia. E la sua gloria è a tutti gli effetti ben meritata. Molto più di un semplice cortometraggio celebrativo, Once Upon a Studio costituisce un risultato enorme su diversi fronti. Artistico e culturale, in primis, dato che non si limita a citare ma si prende la briga di rimettere in piedi e far coesistere ogni singola espressione stilistica della storia disneyana, riproducendone fedelmente forma e sostanza, in un modo che non si credeva possibile. Ma in un certo senso anche commerciale: non era mai accaduto che il marchio Disney si narrasse così, dando spazio ad un concetto “ostico” come l’esistenza dei WDAS, sorta di studio nello studio, e dipingendo un affresco in grado di pacificarne ogni dissonanza. A conti fatti, Once Upon a Studio è una lezione di storytelling, un saggio di ottimo marketing e probabilmente lo spot più genuino ed efficace che sia mai stato fatto: quello uscito dalle mani di qualcuno che crede veramente nella bontà della propria mercanzia.

Scheda pubblicata il 17 Luglio 2024.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Once Upon a Studio
  • Anno: 2023
  • Durata:
  • Produzione: Yvett Merino, Bradford Simonsen
  • Regia: Dan Abraham, Trent Correy
  • Sceneggiatura: ,
  • Musica: Dave Metzger
Nome Ruolo
Dan Abraham Regista; Sceneggiatura
Trent Correy Regista; Sceneggiatura
Yvett Merino Produttore
Dave Metzger Musica
Bradford Simonsen Produttore

Home Entertainment

  • [1] Wish, United States: Sony Pictures Home Entertainment, [BRAY/DVD] (2024).

Extra

Documentari

  • D23 Inside Disney Celebrates Once Upon A Studio [13:21] (19 ott 2023) [You Tube]

Promozione

  • Once Upon a Studio - Official Trailer [0:58] (21 set 2023) [You Tube]
  • Once Upon A Studio - Booth to Screen [1:54] (27 ott 2023) [You Tube]
  • Once Upon A Studio - In the beginning... [0:59] (15 dic 2023) [You Tube]
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