Wish

Il Tratto Comune

Le radici del progetto Wish affondano nel 2018, nel pieno della lavorazione di Frozen II, quando Jennifer Lee e Chris Buck iniziano a ragionare sul fatto che nel giro di cinque anni lo studio festeggerà il suo primo secolo di esistenza. Si tratta di una singolarità nella storia dell’intrattenimento moderno: sono poche le realtà che superati i loro cento anni di esistenza possono ancora vantare una connessione con i propri fondamentali. Prima ancora che alla Disney Company tutta, va al suo nucleo fondante, i Walt Disney Animation Studios, il merito di star percorrendo dopo tanto tempo quello stesso solco scavato dai fratelli Disney all’inizio degli anni 20. Per festeggiare la ricorrenza serve un film che in qualche modo metta in evidenza il discorso che questi cento anni di animazione portano avanti, motivo per cui la consueta spedizione di ricerca sul campo stavolta non avviene in luoghi esotici ma consiste in un viaggio nel tempo alla scoperta delle proprie radici. In breve, lo studio si trasforma in una sorta di esposizione permanente: i suoi saloni si popolano della saggistica più importante, firmata da storici del calibro di J.B. Kaufman e Didier Ghez, appare inoltre un lunghissimo pannello nel quale vengono fissati i momenti chiave di tutti i loro film, e nel contempo vengono organizzati per i dipendenti i “Movie Mondays” nei quali si proiettano in ordine cronologico i lungometraggi che vanno da Biancaneve a Moana.

Ben presto emerge il filo rosso che davvero innerva buona parte di questo corpus, ovvero il desiderio, inteso non solo come un vagheggiare fine a sé stesso, bensì come affermazione di un proposito, magari giunto in seguito ad un’intuizione epifanica, a cui segue quel concreto rimboccarsi le maniche che è tipico dei valori della “old America” di cui Walt stesso si era fatto ambasciatore. La presenza nel suo vissuto di un vero e proprio “wishing tree”, alla cui ombra amava far progetti nei suoi primi anni a Marceline, non fe che aumentare la sensazione di aver individuato per davvero il tratto comune dell’esperienza disneyana. E una volta trovato, “Wish” diviene il tema e il titolo di una storia originale ambientata nel primo medioevo, da cui si immagina che idealmente si siano dipanate tutte le altre fiabe disneyane narrate nel tempo. Rispetto a Frozen, qui il ruolo di co-regista insieme a Chris Buck viene preso da Fawn Veerasunthorn, story artist di molti importanti film Disney, mentre Jennifer Lee contribuisce alla sceneggiatura. L’antropologo Aomar Boum, dell’Università della California, supervisiona attentamente la creazione di Rosas, l’isola che fa da teatro agli eventi del film e che, posizionata in quel punto strategico del Mediterraneo in cui la cultura iberica e nordafricana si incontrano, diventa il crocevia perfetto per raccontare questa sorta di “fiaba zero”.

Il team dello sviluppo visivo è lo stesso dei Frozen: Michael Giaimo è il production designer assieme a Lisa Keene, con David Womersley e Bill Schwab rispettivamente come direttori artistici degli ambienti e dei personaggi. E date le note simpatie di Giaimo e Keene per un certo tipo di cultura grafica, non stupisce che finalmente con Wish venga implementato l’ibridismo tra tecniche che i WDAS sperimentano sin dai tempi di Paperman e che nel frattempo Hollywood ha sdoganato anche nei lungometraggi. Quella che nel gergo interno ha assunto il nome di “CGI stilizzata” non avvicina Wish soltanto ad Eyvind Earle, artista feticcio di Giamo, ma va oltre e dopo oltre ottant’anni riporta sul grande schermo la grammatica visiva di uno dei primissimi concept artist disneyani. Si tratta di quel Gustav Tenggren che con il suo stile ricco, rilassante e caldo diede a Biancaneve, Pinocchio e a Little Hiawatha il loro opulento e inconfondibile look. Molti sono gli accorgimenti che Wish eredita dallo stile Tenggren, e da molti artisti coevi e persino precedenti, ma il principale è sicuramente l’uso dell’acquerello. Le sue proprietà, inclusa una certa porosità della carta, vengono ricreate in Wish, dimostrando la volontà di risalire l’albero delle ispirazioni artistiche fino a a individuare quelle precise sensibilità che devono aver colpito Walt in tenera età.

Contro il Sistema

Protagonista di Wish è la giovane Asha che, dopo aver personalmente conosciuto il carismatico Re Magnifico, si rende conto di quanto l’intera impalcatura su cui si regge il regno di Rosas sia bacata alle fondamenta. Raggiunta la maggiore età, i sudditi affidano infatti al monarca il loro più grande desiderio e sono costretti a dimenticarsene, almeno fino al giorno in cui Magnifico non deciderà di usare i suoi poteri magici per esaudirlo. Questa sorta di amnesia selettiva, che dovrebbe in teoria alleggerirli, spesso tende invece a impigrirli e privarli delle loro ambizioni personali, cullati nella rassicurante convinzione che prima o poi il loro “investimento” darà i suoi frutti. Magnifico però non intende dare una possibilità a chiunque, seleziona in modo arbitrario i desideri che ritiene più innocui e preferisce tenere sottochiave gli altri, scegliendo tacitamente di non esaudirli. Quando Asha osa mettere in discussione il funzionamento di questa “banca del desiderio”, evidenziandone le criticità, e propone semplicemente di restituire quelli scartati, perde di colpo il favore di Magnifico ed è costretta a chiedere aiuto alle stelle per restituire ai suoi concittadini quel principio di autodeterminazione a cui sembrano aver rinunciato.

A prima vista Wish è un film lineare, semplice e veloce, privo di quella gravitas che avevano certi drammi del passato e improntato ad una leggerezza quasi naïve. Sul fronte umoristico non brilla: gli amici di Asha affollano la storia e non funzionano troppo bene come contrappunto comico, la capretta parlante Valentino poi tradisce un certo manierismo e non si integra granché con la narrazione. Su questo fronte Wish risulta decisamente “poco cotto” e forse avrebbe avuto bisogno di una mano più salda e di maggior ironia e arguzia. Dove l’opera dimostra ben altra scorza è nel conflitto vero e proprio. Sotto quest’ottica siamo di fronte ad uno dei film più maturi dello studio, molto filosofico e con un marcato sottotesto politico, in grado di strizzare l’occhio alla realtà storica nel quale è stato concepito. Il sistema sfidato da Asha non viene dipinto sin da subito come una dittatura a tinte fosche, ma è seducente e rassicurante, una fatata illusione nella quale è comprensibile volersi cullare. Ma è un meccanismo che genera torpore, dipendenza e ignavia, sorretto dall’idolatria nei confronti di un regnante simile a un divo. E’ un sistema comodo e deresponsabilizzante, nel quale si dà in affido la gestione delle proprie ambizioni, anziché impegnarsi a perseguirle in prima persona, sia pur con un piccolo aiuto celeste.

Persino Magnifico sembra a tratti cadere vittima di sé stesso, non pienamente consapevole delle implicazioni del suo modus operandi. Il lavoro fatto su questo personaggio è davvero enorme, e restituisce una rappresentazione tristemente attendibile di un certo tipo di profilo: narcisista, manipolatore, insicuro, instabile e se necessario anche dispettoso. Magnifico è una persona rotta nel profondo, eppure riesce a nascondere tutto questo dietro una facciata carismatica, benevola e rispettabile. Una delle sequenze migliori del film è quella del colloquio di lavoro, nella quale si presenta ad Asha nella sua forma migliore: ogni sua frase, ogni suo movimento è studiato per trasmettere autorevolezza, e allo stesso tempo aprire minuscole crepe percettive che lasciano intravedere il disastro che si annida dentro di lui. Sin dai primi minuti le red flag sono davvero tante: Magnifico tradisce disinteresse verso l’interlocutrice, si distrae, è condiscendente, ad un certo punto persino colpevolizzante. Ma è solo dopo che il suo falso senso di sicurezza viene incrinato dalle incalzanti domande di Asha che Magnifico perde la tramontana, e manifesta il suo guasto interiore. Probabilmente una delle sequenze animate con il maggior numero di sottigliezze della storia disneyana, quasi un manuale di istruzioni per riuscire a riconoscere manipolatori e vampiri energetici.

Illustrazioni in Movimento

Se Walt Disney amava chiamare il suo Sleeping Beauty “l’arte dei quadri in movimento”, Michael Giaimo gli fa eco battezzando “l’arte delle illustrazioni in movimento” la stilizzazione scelta per la CGI di Wish. Come si è visto, fu letteralmente Gustaf Tenggren il punto di partenza. Un suo concept art del paesello di Pinocchio venne infatti scelto per il primo test di animazione, diventando lo scenario all’interno del quale muovere una Asha interamente tridimensionale. Il morbido e accogliente stile di Tenggren aveva profondamente segnato l’estetica disneyana verso la fine degli anni 30, e a sua volta era espressione quella corrente artistica europea di cui facevano parte alcuni grandi illustratori di libri di fiabe come John Bauer, Arthur Rackham, Edmund Dulac e ovviamente Kay Nielsen. Risalire tale corrente all’indietro, indagando sui loro tratti stilistici comuni portò ad alcune scoperte, che vennero implementate per connettere Wish a quella stessa cultura visiva. L’uso marcato della linea per evidenziare elementi di sfondo come gli alberi, ad esempio, o il già citato acquerello, che esattamente come avveniva in Biancaneve e Pinocchio, spesso viene applicato lasciando un breve margine bianco ai bordi del disegno.

Due concetti chiave stabiliti da Giaimo, inoltre, attraversano ogni aspetto dello sviluppo visivo di Wish: patina e verticalità. Il primo indica la volontà di dare alla palette cromatica del film un aspetto tenue e leggermente desaturato, replicando l’effetto della vernice invecchiata. Il secondo, ripreso direttamente dallo stile degli artisti europei, investe svariati elementi presenti in scena, specialmente la vegetazione e le architetture, slanciate e protese verso l’alto. Questa particolarità si vede bene negli ambienti sviluppati dal team di David Womersley, come la città di Rosas col suo alto castello o il villaggio limitrofo di Hamlet, dove avviene inoltre una contaminazione con l’estetica del già citato Eyvind Earle. Il suo Sleeping Beauty infatti ha costituito un riferimento fondamentale per la gestione dello spazio scenico, con quella vegetazione geometrica e perpendicolare, così simile alle quinte di un teatro. Non è un caso che il film recuperi quel suo preciso aspect ratio panoramico (2.55: 1) che non veniva più usato dal 1959. Gli artisti hanno avuto il loro bel daffare per conciliare tale forma orizzontale con la verticalità richiesta, e ne sono usciti con alcuni interessanti accorgimenti: Lisa Keene, ad esempio, ha studiato la composizione dell’immagine di quegli antichi libri di fiabe e, dopo aver ruotato il tutto di novanta gradi, ha mantenuto nel film le stesse percentuali di riempimento degli spazi.

Altra sensibilità ereditata da Sleeping Beauty è il cosiddetto formalismo, che nel design indica un approccio alla composizione dell’immagine che tiene conto di come disporre gli elementi sull’asse verticale e orizzontale, in modo da dare loro il massimo risalto e guidare così lo sguardo dello spettatore. I personaggi sviluppati da Bill Schwab, in primis Re Magnifico, beneficiano tantissimo di questa gestione illuminata dello spazio scenico, oltre che della scelta di usare la linea per perfezionarne l’espressività. Forte di tali accorgimenti, anche Asha spicca tra le figure graficamente più riuscite, degna erede della serie di protagoniste femminili in CGI iniziata con Rapunzel. L’influsso dell’arte di Milt Kahl, forse il più abile dei nine old men, è inoltre evidente in molti personaggi, tra cui il vecchio Sabino, le cui fattezze richiamano quelle dell’avvocato George Hautecourt de Gli Aristogatti. Degna di nota, infine, la tenera stellina Star, che dopo aver attraversato numerosi stadi di sviluppo, ha assunto il volto del Topolino anni 30, con una recitazione che strizza l’occhio alla pantomima tanto cara a Walt. Il personaggio, con la sua estetica bidimensionale, porta negli scenari un tipo di illuminazione volutamente non realistica, aprendo la strada a un diverso modo di intendere l’effettistica, dal sapore deliziosamente grafico.

La Colonna di Julia

Diversamente da ciò che ci si potrebbe aspettare, la colonna sonora di Wish non porta la firma dei già collaudati coniugi Lopez o di Lin Manuel Miranda, bensì di Julia Michaels, pluripremiata compositrice attiva nella scena pop. Il proposito di Jennifer Lee è quello di creare una mescolanza di classico e moderno, in un momento in cui ai WDAS si è entrati in una fase creativa all’insegna degli azzardi e delle scelte imprevedibili. Le canzoni vengono scritte con l’aiuto di Benjamin Rice e in un caso (This Wish) con quello di JP Saxe. Invece le strumentali sono opera di Dave Metzger, già orchestratore in precedenti film, e di recente compositore per Once Upon a Studio. Come in quel caso, qui il suo lavoro consiste nel creare un ponte convincente in grado di incorporare in modo organico e richiamare quanto possibile le canzoni già scritte da Julia.

  • Welcome to Rosas. Seguendo lo schema collaudato del musical di Broadway, la si potrebbe definire la happy village song, che serve a presentare allo spettatore la situazione di partenza. La canta Asha mentre porta in giro un gruppo di turisti spiegando loro come funziona la faccenda dei desideri. A dispetto della sua natura espositiva, è un brano decisamente allegro, permeato di sonorità latine. L’attacco è a dir poco trascinante, anche se giunti al ritornello il ritmo pare “sporcarsi” un po’. La velocità e il dinamismo della coreografia qua e là spezzano l’illusione delle “illustrazioni in movimento”: i popolani e le figure di sfondo danzanti, se inquadrati da lontano, tradiscono la loro natura volumetrica.
  • At All Costs. Dolce e sinistra al tempo stesso, questa lenta ballata è un duetto tra Asha e Magnifico nella stanza dei desideri. L’atmosfera è onirica, con i personaggi avvolti dalle sfere azzurre che fluttuano andando a formare scie che richiamano i filamenti di DNA. Sebbene in questa fase i due siano ancora sulla stessa lunghezza d’onda, il testo è ambiguo e sottolinea come le stesse parole pronunciate da Asha indichino altruismo, mentre nel caso di Magnifico compiacimento e smania di controllo. La scrittura e l’animazione sono di gran livello e mantengono questa doppiezza per tutto il tempo.
  • This Wish. Il capolavoro del film. Scritta per prima, e presentata al pubblico in anticipo di un anno e mezzo dall’uscita effettiva della pellicola, è il brano che si fa carico dell’intero nucleo emotivo di Wish. Funziona ottimamente come I want song per Asha, eleva il registro generale del film con un crescendo di intensità notevole che culmina nella preghiera alle stelle pronunciata sopra l’albero dei desideri. E’ anche una passerella perfetta per mostrare le meraviglie visive del film: Asha passeggia di notte per la cittadina, ispirata a quella di Pinocchio, poi nel bosco di Hamlet, ispirato a Sleeping Beauty, e ogni inquadratura mostra una padronanza assoluta nell’uso del colore, nell’animazione e nella composizione dell’immagine. Da un punto di vista sinestetico, una scena davvero irresistibile.
  • I’m a Star. Uno dei pezzi dalle sonorità più pop dell’intera partitura, riesce a servire più scopi in uno: è un tributo ad un famoso topos disneyano, l’antropomorfizzazione di piante e animali, che qui inoltre prendono vita per spiegare ad Asha, con un testo incredibilmente specifico, che il motivo per cui ci rivolgiamo alle stelle è che dentro di noi sentiamo di essere fatti della loro stessa sostanza. Un concetto filosofico (e scientifico) che avrà modo di tornare proprio nel climax finale. La sequenza è una festa per gli occhi, dato l’uso arguto del colore e della luce: i toni blu e viola risultano tremendamente d’impatto, restituendo all’animazione Disney un’intera faretra di frecce al suo arsenale espressivo.
  • This is the Thanks I Get?!. Re Magnifico costituisce una risposta a quella nostalgia del cattivo, sorta dopo molti film in cui il conflitto veniva in realtà involontariamente innescato dagli stessi protagonisti. Sotto Jennifer Lee lo studio abbraccia una dimensione più intima e psicanalitica, e dunque sebbene Magnifico sia a tutti gli effetti l’antagonista, lo è in modo nuovo. Questa sua villain song, dai toni moderni e con qualche venatura rap, è il palcoscenico ideale per dare sfoggio di tutta la sua personalità tossica e narcisista. È un trionfo di animazione, recitazione e ottimo design, mentre il testo non è altro che una sorta di gigantesco rinfaccio che lui immagina di fare ai suoi sudditi, senza rendersi conto di star perdendo qualsiasi freno inibitore, avvicinandosi al punto di non ritorno.
  • Knowing What I Know Now. Orecchiabile e ben ritmato, questo canto di rivolta è il brano che ci accompagna verso la battaglia finale, altro cavallo di battaglia della struttura alla Broadway. Purtroppo, viene monopolizzato dai sette adolescenti amici di Asha, nelle intenzioni un omaggio ai sette nani, che rimangono tuttavia un punto debole della pellicola. A restituire alla sequenza un adeguato carisma troviamo l’ingresso in scena della statuaria regina Amaya, consorte di Magnifico che si unisce a sorpresa alla rivoluzione. Notevole anche qui l’utilizzo delle luci e dei colori, ormai distanti da qualsiasi pretesa di realismo.
  • This Wish (Reprise). Era già successo una volta in Moana che un brano musicale accompagnasse in tempo reale la sconfitta del cattivo. Si tratta di un espediente raro e poco in uso, ma del tutto in linea con quella filosofia della narrazione in musica tipicamente disneyana. Degno di nota, inoltre, che ciò che permette di prevalere su Magnifico sia un’informazione (siamo stelle) appresa proprio in un’altra canzone. Questa scena è a dir poco maestosa, la progressiva presa di coscienza del popolo di Rosas avviene una strofa dopo l’altra, sulle note del brano migliore di tutta la colonna sonora. Tale crescendo di intensità viene letteralmente scandito e potenziato dai vani tentativi di Magnifico di fermare la musica con la violenza, fino a farsi letteralmente travolgere dal climax. Probabilmente uno dei momenti registicamente più sapienti di tutto il film.
  • A Wish Worth Making. Ad accompagnare i titoli di coda è uno splendido brano che poco ha a che fare con le tradizionali cover pop solitamente riservate ai credits. In origine era la canzone di Sabino e doveva far parte del film, prima di essere tagliata. Toglierla di mezzo sarebbe stato decisamente uno spreco, per cui questa collocazione è la benvenuta. Cantata da Julia Michaels viene ora visivamente supportata da una galleria celebrativa di costellazioni che formano, uno dopo l’altro, i personaggi dei precedenti lungometraggi WDAS in ordine cronologico. Stranamente mancano all’appello Bianca e Bernie, Taron, i Robinson e qualsiasi package film eccetto Ichabod, il che cozza con l’idea di celebrare per intero il percorso che ha portato a Wish.
  • When You Wish Upon a Star. Data la sua natura celebrativa, Wish è un film pieno di citazioni ed easter eggs. Alcune sono sfacciate e alla portata di tutti, ad esempio i riferimenti a Bambi, Zootopia e Peter Pan. Altre sono riservate agli intenditori, come la title card di presentazione, A Walt Disney Feature Production, gemella di quella di Biancaneve. Altre ancora comunicano qualcosa sul fronte narrativo a chiunque volesse cimentarsi nell’ipotetico gioco dei collegamenti: un rapido fotogramma, ad esempio, sembra suggerire che Magnifico sia destinato a diventare lo specchio magico di Grimilde. La breve scena post credit ci mostra il sogno di Sabino realizzato, e getta una nuova luce sul suo desiderio di ispirare le future generazioni: col suo liuto lo vediamo inventare le note della canzone che un giorno Leigh Harline e Ned Washington trasformeranno nel tema di Pinocchio, e che oggi è la firma musicale dell’intera Disney Company. D’un tratto il riferimento al suo essere un arzillo vecchietto di appena cento anni assume una nuova profondità.

Centenario Amaro

Wish esce nel novembre 2023, sebbene Asha fosse già stata presentata al mondo all’interno del bellissimo cortometraggio Once Upon a Studio, qualche settimana prima. La campagna pubblicitaria è considerevole, ma purtroppo non riesce a frenare l’onda di negatività che nel frattempo ha investito il marchio Disney e che finisce irrimediabilmente per danneggiare i festeggiamenti del centenario. Il piatto è tristemente ricco: un traumatico scossone ai vertici, con il ritorno di Bob Iger dopo il breve regno di Bob Chapek, una sequela di insuccessi targati Marvel, Pixar e persino WDAS (Strange World), il lungo e drammatico sciopero degli attori che ha occupato l’intera estate 2023 distruggendo la reputazione di molte major, i controversi remake live action, ma soprattutto la violenta guerra culturale che infuria in USA e nella quale la Disney Company ha ormai da tempo preso posizione, alienandosi il pubblico conservatore. Wish non si dimostra abbastanza forte per superare tutto questo e dopo le prime proiezioni viene stroncato dalla critica online, attirandosi un odio che ben presto diventa virale e si riflette a valanga sugli incassi.

All’estero la sua performance migliora nettamente, ma non abbastanza per ripagare le spese in modo soddisfacente. Due flop consecutivi pesano non poco sul portafoglio dell’azienda, traducendosi in un repentino cambio di politiche che ben presto porterà a ridurre la produzione di film originali per puntare nuovamente su franchise conosciuti. Autonomia creativa, autorialità e sperimentazione visiva sembrano ormai appartenere a un’altra fase della gestione Lee e il successivo Moana 2, ottenuto rielaborando quella che in origine doveva essere una delle serie WDAS di punta per Disney+, è solo il preludio ad un sistematico incremento di sequel che colpirà in contemporanea anche Pixar. Eppure, al di là del suo sfortunato esito al box office, Wish è un film da non sottovalutare: spiccatamente celebrativo ma non per questo pigro o vuoto, apparentemente semplice ma in realtà assai sofisticato e ai limiti del cerebrale, Wish è un’opera complessa e stratificata, che può suscitare reazioni anche molto diverse a seconda del punto di vista e della disposizione d’animo dello spettatore.

Costruito su quella che è a tutti gli effetti una metafora politica, racconta una storia intelligente, pur con qualche incertezza di registro. Non è un film perfetto, alcune sue componenti non risultano efficaci quanto dovrebbero, mentre altre bucano lo schermo e toccano con coraggio certi nervi scoperti della società attuale. È il parto di uno studio irrequieto, assetato di futuro ma osservante del passato, con un focus quasi chirurgico su quella leggendaria epoca Hyperion che non viene solo superficialmente omaggiata, ma indagata nei suoi principi artistici più profondi. La sua presa di distanze dalla deriva fotorealistica imboccata dal settore animazione a inizio anni duemila è molto decisa, e restituisce al cinema disneyano quella facoltà persa molto tempo fa di poter dare ad ogni frame l’aspetto desiderato, senza farsi più ingabbiare in una sterile imitazione delle leggi della fisica. Se arte significa poter offrire il personale punto di vista di un artista su un fenomeno, scegliendo secondo il proprio gusto come dipingerlo, che tipo di contrasto usare e con quale gradazione cromatica, allora i meriti di Wish e della mentalità che l’ha generato sono enormi e degni di quella “fame creativa” che animò gli artisti di Hyperion Avenue tanti anni fa.

Scheda pubblicata il 20 Luglio 2024.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Wish
  • Anno: 2023
  • Durata:
  • Produzione: Peter Del Vecho, Juan Pablo Reyes Lancaster-Jones
  • Regia: Chris Buck, Fawn Veerasunthorn
  • Sceneggiatura: ,
  • Musica: Dave Metzger , Julia Michaels , Benjamin Rice
Nome Ruolo
Chris Buck Regista
Peter Del Vecho Produttore
Jennifer Lee Sceneggiatura
Dave Metzger Musica
Julia Michaels Canzoni
Allison Moore Sceneggiatura
Juan Pablo Reyes Lancaster-Jones Produttore
Benjamin Rice Canzoni
Fawn Veerasunthorn Regista

Bibliografia

Sul film:

  • S. Rebello, K. Baughman The Art of Wish (2023: Chronicle Books [US]).

Eredità:

  • Luna Chi (adapt.), Joey Chou (ill.), Tony Fejeran (design), Wish – Little Golden Book (2023: Random House [US]).

Home Entertainment

  • [1] Wish, United States: Sony Pictures Home Entertainment, [BRAY/DVD] (2024).

Extra

Documentari

  • 100 Years in the Maing - The Story of "Wish" [1:04, 9 parts] [1][Disney+]
  • "Wish" D-Classified [6:27] [1][Disney+]
  • Outtakes [2:44] [1][Disney+]

Work-in-Progress

  • Deleted Scene/Song "A Wish Worth Making" [2:54, including 1:30 introduction by directors Chris Buck & Fawn Veerasunthorn] [1]
  • Deleted Scene: Magnifico's Secret [4:26, including 1:10 introduction by head of story Mark Kenned] [1]
  • Deleted Scene: The Wishing Tree [5:53, including 1:10 introduction by head of story Mark Kenned] [1]
  • Deleted Scene: To Rosas [5:02, including 0:56 introduction by head of story Mark Kenned] [1]
  • Deleted Scene: Finding Flazino [4:47, including 1:00 introduction by head of story Mark Kennedy] [1]
  • Deleted Scene: Valentino is a Star [3:37 including 1:10 introduction by head of story Mark Kenned] [1]

Promozione

  • Wish - Official Teaser Trailer [1:49] (27 apr 2023) [You Tube]
  • Wish - Official Trailer [2:22] (27 set 2023) [You Tube]
  • Wish - Wish Together [0:55] (4 ott 2023) [You Tube]
  • Wish - "This Wish" [1:00] 🎵 (16 ott 2023) [You Tube]
  • Wish - Booth to Screen - "This Is The Thanks I Get?!" [0:53] (24 ott 2023) [You Tube]
  • Wish - "This Is The Thanks I Get?!" [1:00] 🎵 (25 ott 2023)[You Tube]
  • Wish - Making a New Disney Villain [1:40] (26 ott 2023 ) [You Tube]
  • Wish - A Musical Event [2:03] (30 ott 2023) [You Tube]
  • Wish - Booth-to-Screen: "Welcome To Rosas" [0:53] (31 ott 2023) [You Tube]
  • Wish - The Making of "Welcome to Rosas" [1:18] (1 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - "Welcome to Rosas" [1:00] 🎵 (1 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - Booth-to-Screen: "I'm A Star" [0:34] (7 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - "I'm A Star" [1:00] 🎵 (8 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - Writing & Recording "I'm A Star" [1:00] (10 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - Alan Is In Everything [1:25] (10 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - A Journey Through Wish with Special Guests [20:37] (11 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - Booth-to-Screen: "Knowing What I Know Now" [0:43] (14 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - "Knowing What I Know Now" [1:01] 🎵 (15 nov 2023) [You Tube]
  • Wish - Ariana Debose Performs "This Wish" At Disneyland [1:09] (16 nov 2023) [You Tube]