Oceania

Non Mort

Sebbene La Principessa e il Ranocchio (2009) non sia riuscito a rilanciare l'animazione tradizionale, ha sicuramente avuto il merito di ricondurre John Musker e Ron Clements a “casa”. La loro carriera li aveva già visti al timone di ben sei film WDAS, un record assoluto, e così risultò naturale da parte di John Lasseter continuare a puntare sul loro affiatamento, commissionando al duo una settima pellicola. La scelta ricadde su Mort, un romanzo di Terry Pratchett appartenente al ciclo del Mondo Disco, ideale per sfogare la carica umoristica dei due registi. Il progetto venne però rapidamente archiviato. Gli eredi di Pratchett avrebbero infatti voluto che la Disney acquisisse in blocco i diritti della saga del Mondo Disco e non soltanto quelli relativi a Mort, e così Musker & Clements ripiegarono su una storia del tutto nuova, di ambientazione polinesiana. Era la seconda volta che lo studio si immergeva in quelle atmosfere dopo Lilo & Stitch (2002) e la prima in cui si poteva finalmente esplorare la mitologia di quei luoghi. Durante il viaggio documentativo, i registi scoprirono che per un intero millennio le esplorazioni di quei luoghi erano misteriosamente cessate. L'idea alla base di Moana fu quindi spiegare in che modo la navigazione riprese, costruendo su questo enigma un'avventura scanzonata con una nuova protagonista femminile.

Nel frattempo però una forma d'arte era morta a Burbank. Dopo l'uscita di Winnie the Pooh (2011) fu chiaro che la breve primavera dell'animazione tradizionale era finita, e che la dirigenza avrebbe da quel momento in poi virato sui kolossal in CGI. Per un po' di tempo circolò una voce secondo cui Moana sarebbe stato un ibrido, poi che avrebbe semplicemente incorporato elementi disegnati a mano, infine venne reso noto a tutti che il film sarebbe stato un normale musical in CGI, come Rapunzel (2010) e Frozen (2013). Una traccia di animazione tradizionale però rimase nel personaggio del semidio Maui, in grado di interagire con una spalla molto particolare: una versione in miniatura di sé stesso tatuata sul suo corpo, e animata proprio dal grande Eric Goldberg. Il progetto di Musker e Clements stava dunque procedendo in una direzione più compatibile con le attuali politiche produttive della Disney Company, e per portare la barca in porto vennero affiancati ai due veterani altri due co-registi: Don Hall e Chris Williams, reduci dal successo di Big Hero 6. Il film venne quindi ultimato in tempo per il Natale 2016, sancendo quindi il ritorno dei Walt Disney Animation Studios alla gloriosa tradizione musicale, dopo due pellicole di stampo “procedurale”.

A Musker & Clements Cartoon

La vicenda narrata è davvero molto semplice: la giovane Moana lascia il suo villaggio e parte alla ricerca di Maui, perché possa aiutarla ad “aggiustare” l'oceano, reso oscuro e mostruoso a causa di un pasticcio combinato dal semidio mille anni prima. Negli ultimi tempi ai Walt Disney Animation Studios si sono compiute notevoli sperimentazioni sul fronte narrativo, arrivando a toccare anche tematiche insolite o delicate: Big Hero 6 era un film sull'elaborazione del lutto, Zootopia aveva un sottotesto politico, mentre Frozen parlava di autorepressione e offriva una rilettura realista del concetto di amore. Diverso è il caso di Moana, che sembra invece adagiarsi su binari decisamente più classici e collaudati: si tratta di una robusta avventura, ricca di buone trovate e di sense of wonder, ma ossequiosa delle formule già codificate dalla Disney negli ultimi tre decenni. La stessa protagonista non è attanagliata da particolari dilemmi, se non da una semplice sete di avventura e libertà che la porta a voler scoprire cosa c'è oltre il reef, e questo la avvicina più alla semplicità di Ariel piuttosto che alla complessità di Elsa e Rapunzel.

Quello che agli occhi di un certo tipo di pubblico potrebbe sembrare un passo indietro in termini di spessore narrativo, non è altro che il riconfermarsi della cifra stilistica di Musker e Clements. Il loro cinema d'animazione si è sempre distinto per i toni scanzonati e una decisa componente umoristica, assorbita durante i loro studi al CalArts. Quindi anche questa volta non mancano lo slapstick, le caricature e soprattutto i funny animals, fra i quali si distingue il mostruoso e gigantesco granchio Tamatoa, protagonista di una parentesi narrativa quasi autonoma ma notevole per la sua bislaccheria. Se ci si ricorda di questo è facile inquadrare nel modo giusto le diverse concessioni allo stile cartoon di cui è piena la pellicola, e ammirare la perizia di Musker e Clements nel portare il loro cinema d'animazione alle tre dimensioni nel modo più spontaneo possibile. Moana infatti è un film formalmente ineccepibile: fluido, spontaneo e vivace, anche grazie agli scambi tra la protagonista e lo stesso Maui, in grado di reggere in piedi da soli l'intera pellicola.

La Bella e il Tatuaggio

L'aspetto grafico di Moana riprende in tutto e per tutto il discorso stilistico iniziato dai Walt Disney Animation Studios dopo il loro passaggio alla CGI: allontanarsi volutamente da qualsiasi forma di fotorealismo, riproducendo invece il feeling del disegno a mano. Per quanto riguarda gli sfondi, questo effetto viene ottenuto giocando con la luce e il colore, puntando a mostrare le cose nel modo più “impressionistico” possibile. Sebbene una delle scuse utilizzate per giustificare il passaggio alla computer grafica sia stato dover gestire grosse masse d'acqua in modo realistico, l'effetto finale è perfettamente in linea con l'estetica variopinta delle ultime produzioni WDAS. È interessante anche il fatto che l'oceano sia considerato un personaggio vero e proprio, che nella forma di un “tentacolo fluido” si ritrova ad aiutare Moana in più occasioni.

Ma come sempre è nell'animazione dei personaggi che la classe degli Studios si mostra in tutta la sua dirompente potenza. Il piatto forte è infatti la stessa Moana, che porta qui avanti perfettamente il lavoro sugli esseri umani in CGI iniziato con Rapunzel, Anna ed Elsa. Anche questa volta infatti gli animatori sono stati guidati da un veterano dell'animazione tradizionale, che ne ha influenzato fortemente l'estetica grazie all'utilizzo sistematico di pencil test, spesso disegnando direttamente sopra i modelli in CGI per correggerne le forme. A ricoprire il ruolo che in passato fu di Glen Keane e Mark Henn questa volta troviamo Randy Haycock, già supervisore di personaggi espressivi e complessi come Clayton (Tarzan) e Kida (Atlantis). Altre due figure chiave del team sono Alex Kupershmidt e soprattutto Jin Kim, che con i suoi meravigliosi model sheet si è occupato di definire il design della protagonista. Il risultato è spettacolare, e vedere questa figura muoversi, recitare e volteggiare sullo schermo a ritmo di musica ci ricorda quale sia dopotutto il quid dell'animazione disneyana.

Gli altri personaggi del cast, dagli isolani alle spalle animali, rimangono decisamente meno impressi, mentre a spiccare sono le figure soprannaturali come il mostro di lava o lo stesso Maui, un istrione che in qualche modo ci ricorda il Genio di Aladdin. Sebbene il suo design possa apparire assai bizzarro, il personaggio porta una ventata di aria fresca nel panorama della CGI, dato che i suoi comici lineamenti facciali non vengono definiti attraverso protuberanze (nasone, mento sporgente) ma attraverso le rughe d'espressione, una cosa che avevamo già visto in Big Hero 6. Oltre alle sue numerose trasformazioni animali non va dimenticata l'interazione con il Mini-Maui di Goldberg. Le scene in cui lo vediamo duettare col tatuaggio non sono poche, tantopiù che sono andate via aumentando durante il corso della produzione, coinvolgendo persino Mark Henn nella loro realizzazione. È in questi momenti di geniale pantomima che ritroviamo la raffinata arguzia del cinema di Walt. Si spera che al di là della loro natura di divertissement, trovate come questa possano un giorno fungere da “cavalli di troia” per il ritorno di questa forma d'arte tanto amata.

Welcome, Lin-Manuel!

La colonna sonora di Moana vede la collaborazione di un terzetto di artisti d'eccezione. Mark Mancina (Tarzan, Brother Bear) ha realizzato la partitura strumentale, mentre le canzoni vere e proprie sono state scritte dal polinesiano Opetaia Foa'i e da Lin-Manuel Miranda, artista poliedrico divenuto di recente molto famoso a Broadway grazie al musical Hamilton. Se il primo si è occupato soprattutto dei brani etnici, è al secondo che spettava il compito più arduo: raccogliere il testimone che fu di Alan Menken. Come già accaduto con i coniugi Lopez in Frozen, il bersaglio viene ottimamente centrato, regalando a Moana una colonna sonora molto valida.

  • An Innocent Warrior - La prima sequenza musicale di una certa lunghezza altro non è che la rielaborazione di un brano scritto anni prima da Opetaia Foa'i. I toni sono quelli di una dolce ninna nanna, che descrive il primo incontro tra Moana e l'oceano che “la sceglie”, cambiando per sempre il suo destino.
  • Where You Are - Con questo pezzo Miranda porta Broadway nel Pacifico. È la quintessenza dell'happy village song, ovvero il genere di canzone in cui viene presentato lo status quo che l'eroe dovrà poi cambiare. È un brano orecchiabile e leggero, che accompagna la fondamentale sequenza in cui vediamo la crescita di Moana. Funziona molto bene anche nel suo presentare la famiglia e gli animali domestici della protagonista.
  • How Far I'll Go - Non poteva mancare un'I want song per la protagonista. Non si tratta di uno dei testi più originali di sempre, e il desiderio di fuga di Moana è un qualcosa di visto più volte nella filmografia disneyana. Però musicalmente parlando è uno dei brani più intensi della storia dei Classici, la cui melodia “prepotente” entra nelle orecchie e nel cuore per non uscirne mai più. Non è strano che il pezzo ritorni più volte nel film, prima in un corposo reprise per poi riaffiorare ancora una volta durante il climax finale e in versione pop nei credits.
  • We Know the Way - Uno dei tocchi più originali di questa colonna sonora è la presenza di una controparte dell'happy village song iniziale. Se Where You Are ci mostrava un popolo ormai ripiegato su sé stesso, ecco che qui con un magico espediente si viene proiettati in un lontano passato per scoprire che la gente di Moana un tempo esplorava e navigava. Si tratta di una sequenza potente, suggestiva e che viene ulteriormente valorizzata dalla sua speciale collocazione, in grado di donarle un velo di malinconia. Anche di questo pezzo è presente un reprise, che chiude trionfalmente il film.
  • You're Welcome - La canzone di Maui è davvero uno dei momenti musicalmente più alti. Si tratta del siparietto che presenta il semidio, e quindi non risparmia di fare humor sulle “tall tales” che lo riguardano, un po' come avveniva con le leggende americane ai tempi di Walt. È qui che i tatuaggi animati hanno il maggiore screen time, e l'atmosfera si fa davvero molto surreale. L'animazione del Mini Maui ricorda inoltre per certi versi la canzone dell'Appresto di Winnie the Pooh (2011), anch'essa ideata da Goldberg. Il brano è inoltre davvero trascinante e senza dubbio fra i più orecchiabili dell'intera pellicola. Non stupisce che sia presente in versione pop anche nei titoli di coda.
  • Shiny - Qualche tempo fa il Nostalgia Critic, parlando di All Dogs Goes to Heaven (1989) coniò la definizione di Big Lipped Alligator Moment per indicare una sequenza musicale così bizzarra e inaspettata da sembrare del tutto fuori posto nel contesto del film. A una prima occhiata Shiny potrebbe rientrare facilmente in questa categoria, eppure rimane uno dei momenti più spettacolari e affascinanti. La sua originalità è data dal fatto che il brano accompagna... un combattimento. A cantare è il crostaceo Tamatoa, che i protagonisti affrontano per recuperare l'uncino magico di Maui, e le sensazioni che la canzone riesce a trasmettere sono davvero particolari. Ipnotica e in grado di far venire il mal di mare, Shiny riesce a “colpire” col suo stesso ritornello: quando Tamatoa pronuncia questa parola girando su sé stesso, i suoi avversari vengono abbagliati e storditi da una violenta esplosione di luce. Sono queste singolari associazioni tra musica e immagini a costituire il succo dell'estetica disneyana.
  • Logo Te Pate - Un'altra canzone polinesiana scritta da Opetaia Foa'i, e usata per accompagnare la sequenza in cui Maui insegna finalmente a Moana a navigare. È il pezzo più allegro e scoppiettante dell'intera pellicola, un'infusione di adrenalina che non potrà non rimanere impressa.
  • I Am Moana (Song of the Ancestors) - Un duetto davvero particolare, dato che consiste in una combinazione di due brani precedentemente ascoltati. La prima parte infatti è un reprise di Where You Are mentre la seconda riprende il tema principale di Moana ovvero How Far I'll Go. Il modo in cui i due pezzi si combinano insieme portando la ragazza a riconciliarsi con sé stessa e col proprio retaggio mostra tutta l'organicità della narrazione musicale disneyana, in cui le canzoni sono elementi della narrazione, capaci di mescolarsi all'occorrenza.
  • Know Who You Are - Pur trattandosi di un mero reprise in lingua inglese di An Innocent Warrior, il brano polinesiano che apriva il film, questo brevissimo pezzo merita una certa attenzione perché costituisce un elemento di novità. Se prima si tendeva a mettere da parte le canzoni in vista dello scontro con l'antagonista, qui il cantato lambisce e potenzia lo stesso climax finale, espandendo a 360° l'idea di narrazione in musica da sempre base del cinema disneyano.

Vaiana, Oceania e Altra Zizzania

Rimane singolare in tutto questo la bizzarra scelta di modificare il titolo del film, per la distribuzione estera. In Europa il film è stato infatti ribattezzato Vaiana per ragioni di copyright, andando per la prima volta a “sdoppiare” il nome della protagonista di un Classico Disney. In Italia la situazione è stata ancor più paradossale, dato che il nome Vaiana è stato mantenuto, ma il film è stato reintitolato Oceania. Il motivo di questa manovra sembrerebbe essere un'autocensura, decisa per evitare associazioni mentali con il nome della celebre pornostar Moana Pozzi. Quello che dispiace di tutta questa faccenda è che a causa di questa “triplicazione” si sia andata a rompere quella robusta identità tra protagonista, film e franchise, andando a creare disordini e ridondanze decisamente fuori luogo per un'epoca globalizzata come quella che stiamo vivendo.

In conclusione, con Moana si aggiunge una nuova gemma alla ricca filmografia dei Walt Disney Animation Studios. Non un punto di svolta per l'arte disneyana ma la piacevole riconferma di un solidissimo know how e della capacità da parte dello studio di mantenere una media qualitativa davvero invidiabile. Il film è stato presentato nelle sale di tutto il mondo abbinato al cortometraggio Inner Workings e ha già riscontrato un grandissimo successo, dimostrando come l'essersi costruiti una così grande reputazione in anni recenti stia ormai dando frutti a getto continuo. Resta il dubbio che questo possa essere il canto del cigno per il duo Musker e Clements. Il loro film in un certo senso sembra volersi nostalgicamente riallacciare alle atmosfere marittime de La Sirenetta (1989), come dimostra il riferimento diretto alla scena dopo i crediti, eppure molto tempo è passato da allora e nel frattempo il metodo di lavorazione di questi film è radicalmente mutato. Si spera in ogni caso che l'emorragia di veterani del 2D si arresti il prima possibile laggiù a Burbank, dato che artisti di tale caratura hanno ancora molto da dare all'arte dell'animazione.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Moana
  • Anno: 2016
  • Durata:
Nome Ruolo